“Basta tetti di spesa, un patto per investire in Sanità”

Intervista al quotidiano il Sole 24ore, di Marzio Bartoloni

«Approvato il Patto per la salute con le Regioni vorrei ora fare un grande Patto Paese che coinvolga tutto il mondo della Sanità, senza escludere nessuno. Dagli ordini ai sindacati, dalle società scientifiche all’universo della ricerca, dalle aziende farmaceutiche e dei device alle associazioni di cittadini e pazienti, partendo dall’importante impegno del premier Conte di investire 10 miliardi nel fondo sanitario entro la fine della Legislatura». Il ministro Roberto Speranza nel giorno in cui ha firmato il Patto per la salute con i governatori atteso da oltre un anno e portato a casa dopo una maratona durata settimane rilancia con l’idea di un riforma della Sanità «da scrivere tutti insieme» per segnare la fine della «stagione dei tagli e l’inizio di quella degli investimenti. «Una stagione che superi il modello dei tetti di spesa e sia fatta di programmazione puntando sul territorio e sulle innivazioni che arrivano dalla ricerca». Una stagione che parte con i primi risultati in manovra: 2 miliardi in più per il Ssn nel 2020, altri 2 per edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico, l’addio al superticket su visite ed esami dal 1° settembre e risorse aggiuntive «moltiplicate per sei dal prossimo anno per assumere medici e infermieri».

Da dove deve partire questo Patto?

Dal fatto che Ssn è una pietra preziosa, costruita sui valori della nostra Costituzione, che dobbiamo difendere e rilanciare facendo due cose: nuovi cospicui investimenti e riforma del sistema. Sulle risorse abbiamo iniziato in questa legge di bilancio, ma l’asticella dei 10 miliardi fino alla fine della legislatura è altissima. Poi bisogna avere il coraggio di riformare perché il Ssn è nato in un tempo in cui il Paese era diverso, da allora la piramide demografica si è radicalmente rovesciata: ci sono poche nascite e si vive più a lungo. Questo ha provocato un profondo cambiamento epidemiologico e in modo particolare sono esplose le cronicità a cui bisogna rispondere, in primis, attraverso il territorio. Proprio per rafforzare il territorio abbiamo investito 235 milioni per strumentazione diagnostica di primo livello tra i medici di famiglia e 50 milioni per la farmacia dei servizi. Medici e farmacia sono due punti fondamentali di capillarità del nostro Ssn. Oggi non li valorizziamo al meglio.

Ma come si deve concretizzare questa svolta?

Penso che il modello della programmazione sanitaria, adottato dall’inizio degli anni duemila e ancora vigente, con silos chiusi e tetti di spesa non regga più. La spesa va programmata diversamente a partire dalla centralità del paziente e del suo diritto alla cura. Il modello di oggi produce solo un illusione di risparmio. Se metti il tetto sulla spesa del personale e poi, di conseguenza, ti esplode la spesa in beni e servizi è chiaro che stai solo spostando soldi, non risparmiando.

E le imprese come vanno coinvolte?

Dobbiamo rendere il Paese friendly per loro. Le imprese devono essere parte di questo patto. Nei prossimi 5 anni ci sono mille miliardi di investimenti a livello mondo sulla ricerca farmaceutica. Vogliamo stare a guardare o vogliamo fare di tutto per provare ad attrarre queste risorse? Io vorrei che una parte di questi investimenti arrivasse in Italia.

Intanto le farmaceutiche segnalano da tempo le forti distorsioni dei tetti nella farmaceutica

Questo modello va radicalmente ripensato. Dobbiamo riequilibrare i due tetti della spesa farmaceutica nel più breve tempo possibile. Va trovato il veicolo normativo giusto. E va ripensato il sistema del payback che come è oggi a me appare surreale. Quando dico che serve una riforma più profonda non ho dubbi che le imprese debbano sedersi al tavolo. La sfida è far coincidere l’interesse pubblico, per me sempre preminente, con i legittimi interessi privati. Il dialogo è già avviato.

Intanto un’altra partita, quella dei tetti all’acquisto delle prestazioni da privati è entrata nel Patto…

Quando sono arrivato al ministero c’era una vertenza aperta sul contratto del privato, non rinnovato da 12 anni. Grazie alla sensibilità di tutti gli interlocutori, sindacati, imprese, regioni, abbiamo sbloccato l’accordo. Ora, anche grazie ad un emendamento in manovra, sono fiducioso che il contratto della sanità privata possa essere sottoscritto entro all’inizio del prossimo anno. Stiamo parlando di 99.500 persone che avranno le stesse condizioni del pubblico. È un bel passo avanti.

E i commissariamenti tanto invisi alle Regioni? Diventano una “extrema ratio”?

In generale i commissariamenti sono una sconfitta di tutti, nessuno può festeggiare se una Regione viene commissariata. Il commissariamento che abbiamo avuto in questi anni è un’arma che non sempre ha prodotto effetti positivi perché non distingue ciò che funziona da quello che non funziona. La mia opinione è che servano modalità di intervento più specifiche, meno invasive e sulle singole aziende o per ambiti. Se non funziona una provincia si interviene lì, se non funziona ad esempio la prevenzione è quell’area che va migliorata. Sulla questione del governatore-commissario, c’è una sentenza della Consulta da rispettare. Noi ci siamo presi 180 giorni per rivedere la materia. Io non vedo le ragioni per cui un Presidente, eletto democraticamente, non possa anche essere commissario. Ma è la mia opinione personale.

Tra le novità del Patto figurano l’impiego di medici a 70 anni e di specializzandi al terzo anno

Tutti i territori ci dicono che siamo di fronte a un’emergenza dopo la cura da cavallo che ha subito il Servizio sanitario negli ultimi anni. Tra definanziamento e programmazione della spesa per tetti abbiamo un enorme problema di personale. Ora abbiamo messo più soldi e programmato nuove assunzioni, oltre alle stabilizzazioni con il prolungamento della legge Madia al 31 dicembre 2019. Chiediamo un aiuto, in una sorta di alleanza, a due generazioni diverse: puntiamo sia sui più giovani che sui più anziani in una logica di straordinarietà visto che l’indicazione vale solo fino al 2022. Quanto ai giovani medici, anticipiamo al terzo anno quanto era previsto dal decreto Calabria per il quarto e il quinto anno della specializzazione: potranno partecipare ai concorsi ed essere assunti a tempo determinato per poi passare a tempo indeterminato conseguita la specializzazione.

L’attuazione di questa norma è però ferma al Miur

Vero. Lavorerò per arrivare ad una accelerazione che sblocchi al più presto questo dossier.

Il Patto annuncia anche la revisione del “decreto 70” che nel 2015 riorganizzò l’assistenza spingendo l’acceleratore sui tagli

Confermiamo nel Patto quanto indicato dalla norma che prevedeva a quattro anni dall’adozione di valutare gli effetti di quel decreto. In ogni caso per me la stagione dei tagli è finita, ora inizia la stagione degli investimenti, da orientare dentro un ritrovato equilibrio tra ospedale e territorio. Scommessa cruciale, quest’ultima, su cui l’Italia deve recuperare terreno.

Avete abolito il superticket, come giocherete la partita-compartecipazione nel suo complesso?

Io voglio un Ssn a cui acceda sia un miliardario sia una persona in difficoltà economiche. Non promuoverò mai un provvedimento che colpisca i ceti medi. Perciò faremo tutte le valutazioni e gli approfondimenti del caso con una commissione apposita. L’obiettivo è un bilanciamento generale che aiuti chi è più debole ad accedere alle cure e che ponga la massima attenzione affinché neanche i ceti medi siano penalizzati. Noi il superticket lo abbiamo tolto a tutti, senza distinzioni. Dobbiamo tenere tutti dentro il Ssn, anche chi è più benestante.

Da ministro della Salute, ci dice come sta il Governo Conte?

Io penso che abbia fatto manovra coraggiosa e che dobbiamo continuare a lavorare su cose concrete. Sono soddisfatto del lavoro fatto. Sulla salute abbiamo iniziato a fare cose significative. Con qualche polemica e qualche tweet in meno e qualche fatto in più ci guadagnerà tutto il Paese, oltre alla maggioranza.