Con Fratelli d’Italia e la Lega i No vax al governo. Sui vaccini basta ambiguità

Intervista a La Stampa, di Niccolò Carratelli.

Con Meloni e Salvini i no vax andranno al governo. Per Roberto Speranza, il ministro della Salute che ha affrontato in prima linea tutta la pandemia, il 25 settembre c’è in gioco anche questo. «Gli italiani devono sapere cosa succede alla campagna di vaccinazione anti Covid se vince la destra», dice Speranza, intervistato dal direttore de La Stampa, Massimo Giannini, nella trasmissione “30 minuti al Massimo” (versione integrale disponibile su lastampa. it). Il problema è che «Meloni e Salvini hanno atteggiamento ambiguo» e le loro dichiarazioni «fanno l’occhiolino ai no vax». Secondo il ministro, capolista per la coalizione di centrosinistra a Napoli, serve prudenza in vista dell’autunno, perché «il Covid non ha preso un aereo ed è andato su Marte». E rinnova l’invito alla quarta dose per gli over 60 e tutti i “fragili”, contando sull’arrivo dei vaccini aggiornati contro la variante Omicron, «entro la prima decade di settembre».

Ministro, via Twitter ha invitato Giorgia Meloni a un confronto pubblico su questo tema. Perché?
«Perché credo che il Paese abbia bisogno di sapere fino in fondo la verità: il Covid non è scomparso o evaporato, ma è un tema di cui dovremo occuparci nei prossimi mesi. E l’arma fondamentale è la campagna vaccinale, l’Italia ha un tasso di vaccinazione tra i migliori al mondo: più del 90% dei cittadini ha fatto la doppia dose e siamo tra i primi in Europa per la terza. Cosa succede dopo il 25 settembre? Chi si candida a governare deve dire chiaramente come la pensa: non possono esserci ambiguità su un tema così serio».

Per la verità, nel programma di Fratelli d’Italia c’è scritto chiaramente: mai più obbligo vaccinale e mai più Green pass. E si ripropone anche una commissione parlamentare d’inchiesta sui danni causati dai vaccini…
«È un linguaggio che ha un obiettivo molto semplice: prendere il voto di quel pezzetto di Paese, circa il 10% che non si è vaccinato. Si tende a fare l’occhiolino a queste persone, non si dice esplicitamente di essere no vax, ma si mandano messaggi subliminali a quel mondo. Gli italiani hanno il diritto di sapere se c’è qualcuno che vuole cambiare la linea tenuta dal governo finora, basata su diritto alla salute ed evidenza scientifica. Su questo tema sfido a un confronto pubblico Giorgia Meloni».

Come la pensa sulla linea tenuta in questi due anni è abbastanza noto: tutto sbagliato. Basta vedere anche le polemiche per la candidatura di Andrea Crisanti, no?
«Sì, ma le faccio anche l’esempio del mio sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, che è di centrodestra, ma è persona seria e pro vax: non è stato candidato in un collegio uninominale . Si è speso sul terreno dei vaccini e, come tanti, ha ricevuto insulti e minacce. La campagna vaccinale è patrimonio di tutti, non di una parte, per questo va salvaguardata».

Ad oggi qual è lo stato della campagna e, secondo lei, cosa dovrebbe succedere dal 26 settembre?
«Bisognerà continuare, è appena arrivato il via libera dell’Ema ai vaccini aggiornati contro la variante Omicron, il 5 settembre è attesa la pronuncia dell’Aifa e spero che, entro la prima decade del mese, avremo le prime forniture per iniziare quest’altro pezzo di campagna. Che, in questo momento, è rivolta a tutti gli over 60 e alle persone fragili di ogni età».

Un’altra dose per tutti sarà prevista?
«In questo momento l’Ema e l’Ecdc non danno questa indicazione. Se ci saranno ulteriori valutazioni come sempre seguiremo l’evidenza scientifica. Ma in Italia ora abbiamo circa tre milioni di persone che hanno fatto la quarta dose, dobbiamo far salire questo numero in modo considerevole. L’appello è a fare questo ulteriore richiamo, che costituisce uno scudo di protezione rispetto alla stagione tradizionalmente più difficile, l’autunno e l’inverno».

Si aspetta un’altra ondata?
Il capo dell’Oms ha detto che bisogna tenersi pronti, perché arriva la stagione più difficile, per ragioni facilmente comprensibili, a cominciare dal fatto che si sta molto al chiuso».

Tornando all’Ema, perché le autorizzazioni sui vaccini, da parte dell’agenzia europea, arrivano sempre un po’in ritardo rispetto, ad esempio, agli Stati Uniti?
«È un dato di fatto che nelle autorizzazioni, Ema è arrivata sempre un passo dopo a Fda e anche all’agenzia britannica. Noi abbiamo sempre chiesto a Ema di fare tutto quello che è necessario per avere il massimo livello di sicurezza: non sono 7 o 10 giorni che fanno la differenza, l’importante è che si faccia tutto con linearità e trasparenza».

C’è chi esprime dubbi sulla decisione di ridurre la quarantena per i positivi al Covid, da 7 a 5 giorni…
«Anche in questo caso abbiamo seguito una linea di prudenza, basandoci sulle evidenze scientifiche, con un parere autorevole del Consiglio superiore di sanità».

L’ultima accusa è quella di non aver incentivato l’uso di farmaci antinfiammatori per curare il Covid, la cui efficacia è stata ribadita da uno studio dell’Istituto Mario Negri di Milano appena pubblicato.
«Lo stesso autore dello studio, il professor Remuzzi, ha chiesto di non strumentalizzare lo studio e ha detto che siamo stati il primo Paese a dare un’indicazione chiara sull’utilizzo degli antinfiammatori. In tutte le circolari del ministero, fin dal novembre 2020, c’è una raccomandazione in questo senso. Alla fine chi fa polemica dice: che ci fate vaccinare a fare, tanto ci sono le cure. Sempre lì si va a parare, provare a sostenere che i vaccini non servono. Io, invece, dico che i vaccini hanno cambiato la battaglia contro il Covid e hanno salvato l’Italia».

La maggioranza degli italiani, però, stando ai sondaggi, è pronta a votare per Meloni e il centrodestra, sembra una partita chiusa. Come se lo spiega?
«La partita è aperta. Io continuo ad avere fiducia, penso che un italiano su due non abbia ancora deciso cosa fare e per chi votare. Noi dobbiamo parlare a queste persone e chiedere: in mano a chi vuoi che sia questo Paese dal 26 settembre? Per la tua sicurezza, della tua famiglia, della tua impresa. La mia opinione è che Meloni e Salvini rischiano di portare il Paese a sbattere».

In che modo?
«Isolandola nelle relazioni internazionali, ad esempio. Chi sono gli amici di Salvini e Meloni? La Le Pen, che ha perso le elezioni in Francia, e Orban, che ogni volta mette veti all’integrazione europea. Poi sulla flat tax, che è quanto di più sbagliato e ingiusto ci possa essere in questo momento. Non è la risposta a chi non riesce a pagare le bollette o ad arrivare alla fine del mese. A me piace, invece, il sistema fiscale che c’è in Germania, con un algoritmo che decide le tasse in base ai redditi: chi ha di più che paga di più e chi ha di meno che paga di meno».

La convince la campagna impostata da Letta? Il rosso contro il nero?
«Dice una grande verità, cioè che alla fine quello che abbiamo di fronte è un referendum, su tanti temi. Sul fisco, sui diritti delle persone, sull’ambiente, sul Sud. Nei collegi uninominali o vince il centrodestra a guida Meloni Salvini o il centrosinistra a guida Letta: questa è la scelta, o di qua o di là. Gli altri voti sono legittimi, ma non utili ai fini dei seggi uninominali».

Anche quello per Giuseppe Conte, che dice di essere più a sinistra di voi. Il Movimento 5 stelle è dato in forte crescita da tutti i sondaggi…
Io ho sempre visto un certo imbarazzo da parte di Giuseppe, a cui mi lega un’amicizia personale, a pronunciare la parola “sinistra”. Sinceramente non mi sentirei di affidare la bandiera della sinistra e le sue battaglie al partito di Beppe Grillo. Per me l’avversario di questa campagna elettorale è e sarà sempre la destra, ma da qui a dire che la sinistra è il Movimento 5 stelle sinceramente ce ne corre».

Guardando i sondaggi, c’è un po’di rammarico per aver rinunciato all’alleanza con i 5 stelle o a quella con Calenda? Avrebbero cambiato il risultato?
Questo lo capiremo il 26 settembre, ma io penso che noi siamo competitivi e possiamo vincere. Ho sempre auspicato un campo largo di forze alternative alla destra, ho vissuto con sofferenza la frattura con il Movimento, frutto di un errore di Conte: con Letta abbiamo provato a convincerlo di non togliere la fiducia a Draghi. Letta poi ha dimostrato fin troppa generosità nelle trattative con Calenda, ma lui ha scelto un’altra strada. Oggi è il tempo della campagna elettorale e di una decisione chiara da parte degli italiani».

Se Meloni diventa premier è una minaccia per la democrazia?
«È una minaccia per la tenuta del Paese, perché è piena di ambiguità su temi fondamentali, come la sanità. Ma l’Italia è e resterà una grande democrazia. Il rischio per me non è tanto la democrazia, nonostante le pulsioni presidenzialiste, ma per il Paese, che con questa destra andrà a sbattere».

Ipotesi di fantapolitica: se vince il centrosinistra lei vuol fare ancora il ministro della Salute?
Di me preferisco non parlare, noi dobbiamo vincere le elezioni per il bene degli italiani. Io ho la coscienza a posto, ho fatto tutto il possibile e ho tenuto insieme due assi essenziali, su cui vorrei ci fosse continuità, a prescindere da chi governerà. Uno è il primato del diritto alla salute: ci sono stati momenti in cui si voleva aprire, aprire e aprire e io ho detto “prima il diritto alla salute”. Il secondo è la centralità dell’evidenzia scientifica, che dobbiamo rendere sempre più protagonista delle nostre scelte».