Gerusalemme: “Due popoli due stati resta unica strada”.

Pubblicato oggi su Huffington Post.

Sono stato per la prima volta a Gerusalemme nel 2004 in una delegazione della Sinistra Giovanile e della Iusy, l’organizzazione mondiale dei giovani socialisti, impegnata a costruire ponti tra i giovani laburisti israeliani e i giovani palestinesi di Fatah.
Da allora ci sono tornato una volta all’anno. Ho sempre pensato che attorno a quel pezzo di terra si giocasse un parte essenziale della stabilità globale. La storia di quella città racconta meglio di ogni altro posto al mondo la forza delle religioni e la connessione tra potere spirituale e potere reale. I luoghi simbolo della città vecchia, il Santo Sepolcro, il Muro del Pianto, la Spianata delle Moschee sono l’emblema di una storia millenaria che riguarda tutta l’umanità, in un costante oscillare tra la convivenza e il conflitto tra le tre grandi religioni monoteiste: il cristianesimo, l’ebraismo e l’Islam.
Negli ultimi anni l’opinione pubblica mondiale e in modo particolare quella italiana ed europea si sono dimenticate di Gerusalemme e della sua centralità. La sacrosanta battaglia all’Isis, l’instabilità nel Nord Africa e il conflitto russo ucraino hanno fatto scivolare nell’oblio un conflitto latente e irrisolto che come un fiume carsico oggi riappare in tutta la sua drammaticità.
Tre elementi rendono questo passaggio ancora più preoccupante.
1) C’è il rischio che il sentimento di ribellione dei palestinesi possa essere “infiltrato” dalla propaganda dell’Isis in fuga dalle sconfitte in Siria e in Iraq. Questo finora non è avvenuto, se non in minima parte, anche per la matrice prevalentemente “nazionalista” di chi si è storicamente battuto per la causa palestinese.
2) Nella società israeliana il numero di arabi è in crescita. Circa il 20 per cento della popolazione è di nazionalità palestinese e di cittadinanza israeliana. È un numero molto rilevante che porta con sé il rischio di una tensione ancora più accentuata.
3) I grandi player mondiali giocano con egoismo, ognuno per sé, sullo scacchiere mediorientale e non sembrano intenzionati a una strategia di pacificazione di lungo periodo.
In questo contesto difficile sono forti e belle le parole di Papa Francesco e il suo accorato appello di oggi alla moderazione e al dialogo.
La politica non può stare a guardare. È urgente una nuova iniziativa multilaterale in cui Italia ed Europa possono e devono essere protagonisti. Il nostro Paese ha una naturale vocazione, per ragioni storiche e geografiche, a questa funzione. Non possiamo permetterci di far finta di nulla. In questo senso è opportuno che il governo riferisca alle Camere su quanto sta avvenendo e sul nostro ruolo in Medio Oriente già nelle prossime ore. Un Mediterraneo instabile e infiammato oltre che negare i nostri valori di Pace e convivenza è anche contro i nostri interessi.
Due popoli, due stati era lo slogan in quel mio primo viaggio a Gerusalemme. Due popoli, due stati resta per me l’unica strada. Una strada stretta e impervia anche per i tanti errori commessi in questi anni da tutte le parti. Ma è sempre l’unica strada se si vuole arrivare alla Pace.