Governo: “10 cose da fare subito”

Pubblicato oggi sul quotidiano ‘il Foglio’.

Ecco dieci suggerimenti per i prossimi mesi. Dieci mosse per dare una svolta. Qui non si tratta di minoranza o di maggioranza del Pd. È in gioco il futuro degli italiani, imprigionati in una crisi che non finisce e che ha provocato danni sociali devastanti. Il voto amministrativo ne è stato un sintomo. Ma vanno curati il malessere, la sofferenza, le disuguaglianze, l’assenza di prospettiva, di lavoro, di assistenza quando serve.
Credo che il Pd rappresenti la più grande speranza per il riscatto del Paese. Ma non può continuare così. Se non cambiamo, andremo a sbattere noi. E il prezzo più alto lo pagherà molto presto l’Italia.
Non possiamo permettercelo. Per questo occorre cambiare rotta. E farlo subito. A cominciare dai temi sociali.

1. Capire perché abbiamo perso le elezioni.
Il Pd ha perso le elezioni comunali. E di brutto. Credo si tratti della peggiore sconfitta politica alle amministrative della storia del centrosinistra. A circa un mese di distanza, il nostro dibattito non è stato all’altezza. Si fa finta di non vedere. Si cerca di minimizzare. Nessuno si assume una sola responsabilità (nessuno, sia a livello locale sia nazionale si dimette).
Ma soprattutto non ci si interroga sulle ragioni di fondo che hanno portato a incrinare il rapporto con la società italiana, che ci hanno portato ad una sconfitta così bruciante e clamorosa. Non capire è il primo passo per una sconfitta ancora più grave. Non capire è il primo passo per aprire le porte a soluzioni pericolose per il Paese.

2. La realtà viene prima della narrazione.
Secondo me abbiamo perso perché abbiamo raccontato un Paese diverso da quello che ogni giorno milioni di cittadini vivono. La comunicazione è molto importante, ma non può essere il core business del Pd. Non basta e rischia di diventare addirittura un boomerang se poi la realtà la contraddice. La crescita del Pil allo 0,8 nel 2015 ha avuto un effetto più statistico che reale. Se si continua a dire che l’Italia è uscita dalla crisi e finalmente si sta meglio e poi però quasi 4 giovani su 10 sono ancora senza lavoro, è molto difficile che quei giovani trovino un buon motivo per votarti. E questo spiega anche le difficoltà nelle periferie. Giovani e periferie sono i due segmenti in cui il racconto del palazzo è apparso più lontano dalla vita comune delle persone. Se non hai i soldi per curarti, se tuo figlio non ha lavoro, se la scuola non ti forma e resti indietro, di fronte a chi ti dice che tutto va bene puoi provare sconforto, ma anche rabbia.

3. Correggere dove si è sbagliato. La scuola
È passato un anno dall’approvazione del provvedimento sulla scuola. Serve immediatamente un vero e proprio check up per capire cosa ha funzionato e cosa invece va immediatamente rivisto. Lo strappo con gli oltre 600.000 insegnanti che un anno fa si astennero dal lavoro non è stato ancora ricucito. Il variegato mondo dei precari vive sulla propria pelle una ingiustizia inaccettabile. Serve subito riattivare un dialogo vero con insegnati e studenti. In quel mondo, tradizionalmente vicino al Pd, abbiamo perso molta credibilità e prodotto una frattura sociale che non può far bene al futuro dell’Italia. E questo non solo per chi lavora nella scuola. Non possiamo non vedere che la formazione non prepara adeguatamente alle sfide del mercato del lavoro e ha smesso di essere quella straordinaria leva sociale che per alcuni decenni ha consentito l’evoluzione dell’Italia, accompagnando il crescente benessere con un miglioramento del livello culturale degli italiani.

4. Rimettere in moto l’Italia. Più investimenti per avere più occupazione.
Si può ripartire solo creando lavoro. E l’unico vero modo per farlo nel nostro Paese è rilanciare gli investimenti. Riformare il mercato del lavoro tocca le regole. Ma se non cresce l’economia, se non si creano posti di lavoro, l’occupazione ristagna. Ogni euro messo in investimenti produce un moltiplicatore 2,5/3 di crescita economica. Ogni euro speso in abbassamento delle tasse produce invece un moltiplicatore 0,8. Abbassare le tasse, soprattutto con la logica dei bonus, favorisce nel breve periodo una crescita del consenso, ma non produce ricchezza e lavoro che invece sviluppano gli investimenti. E non parlo solo delle grandi opere. Al contrario, penso a piani di investimento diffusi: assetto idrogeologico, rinnovamento energetico e statico degli immobili pubblici e privati, infrastrutture di servizio, in particolare al Sud, come testimonia la stessa tragedia avvenuta in Puglia.
La priorità dei prossimi mesi deve essere rilanciare gli investimenti pubblici e privati. Da questo punto di vista è decisivo per l’Italia, il secondo Paese industriale d’Europa, affrontare per tempo e con determinazione la sfida della cosiddetta industria 4.0. Sta cambiando la concezione della produzione di beni e servizi nel mondo. L’Italia non può arrivare in ritardo e, purtroppo, in parte già lo è.

5. Abbassare le tasse da sinistra, e farle pagare.
Abbassare le tasse è uno dei sogni ricorrenti di ogni governante o amministratore. E non vi è dubbio che la tassazione italiana sia alta soprattutto rispetto ai servizi erogati. Battaglia comprensibile quindi quella di provare ad abbassare la pressione fiscale. Ma si può farlo rispettando il criterio di progressività, che è il più giusto e che è indicato dalla nostra Costituzione. Chi ha di più paga di più. Chi ha di meno paga di meno. L’esatto contrario della cancellazione in modo indistinto della tassa sulla casa. La abbiamo tolta anche ai miliardari con un vero e proprio effetto da Robin Hood al contrario. Oggi, al di là di come si presenta formalmente, l’impianto delle imposte sui redditi si basa su tre aliquote marginali di fatto: 27,5% fino a 15.000 euro; 31,5% fino a 28.000 euro; 42-43% oltre 28.000 euro. La struttura della nostra imposta, al di là della forma, nella sostanza e per le tasche dei cittadini è già oggi tendenzialmente “piatta”. E questo determina un sistema che favorisce i redditi alti e schiaccia quelli medio bassi. Per rendere il nostro sistema più equo si potrebbe optare per il modello ‘tedesco’ dove l`imposta è graduata e si esprime in una tabella che indica il prelievo dovuto in corrispondenza di brevi intervalli di reddito imponibile.
Gli investimenti di cui il Paese ha bisogno per ripartire si potranno finanziare soprattutto attraverso una lotta efficace e rigorosa all’evasione fiscale, che è l’altra faccia dell’illegalità diffusa, del lavoro in nero, del denaro ottenuto illecitamente. Lo si dimentica troppo presto, quando da una parte si parla di lotta alla corruzione e all’illegalità e dall’altra si allargano le maglie, come è avvenuto ad esempio alzando la soglia del contante. La stessa discussione attorno al superamento di Equitalia rischia di inseguire i grillini su di un terreno improprio e scivoloso che finirà solo per tirargli la volata.

6. Subito una misura universale di contrasto alla povertà
In tutta Europa, tranne che in Italia e in Grecia, esiste una misura universale di contrasto alla povertà. Assume nomi diversi e non è il reddito di cittadinanza per cui sei cittadino e ti riconosco una indennità, come avviene solo in Alaska, un Paese con tanto petrolio e condizioni climatiche proibitive che rendono bassissima la densità abitativa. In Europa questa misura di contrasto alla povertà è stata promossa da socialisti, laburisti e socialdemocratici. Cioè noi. Non capisco proprio perché questa battaglia di sostegno agli ultimi in Italia dobbiamo lasciarla ad altri. In tanti percepiscono che l’ascensore sociale è bloccato. Noi dobbiamo stare dalla parte di chi si batte per riattivarlo.

7. Difendere l’universalismo della sanità
La conquista più bella della civiltà europea è che la sanità è universalista. Se vai al pronto soccorso ti curano e basta. Non ti chiedono se hai l’assicurazione o paghi con la carta di credito. Non in tutto il mondo è così. È la bellezza del modello di welfare europeo. Ma nei fatti rischia di non essere più così: proliferano i servizi per coloro che possono pagare o possono permettersi un’assicurazione privata. Mentre il Censis ci dice che 11 milioni di italiani non riescono a curarsi come dovrebbero. Le liste d’attesa sono lunghe, spesso anche per esami che destano molta ansia nei pazienti. La conseguenza è che chi può permetterselo va nel privato, il cui mercato sta crescendo a differenza dei conti della sanità pubblica. C’è bisogno di una nuova strategia in cui la giusta battaglia per ridurre le inefficienze e gli sprechi non si traduca in un indebolimento del sistema universalistico della sanità pubblica. Questo è un punto irrinunciabile. Basta giochini sui numeri del finanziamento al servizio sanitario nazionale. E avviamo una riflessione, subito, prima che tutto ci crolli addosso, su come rilanciare questa struttura decisiva di civiltà.

8. Governare con, non contro.
Riaprire un dialogo vero, e non strumentale, con i soggetti sociali e le loro rappresentanze. In questi mesi si è data l’idea che ogni occasione fosse buona per mettere sotto i piedi i sindacati e le altre organizzazioni della rappresentanza, accompagnati da grida di giubilo da destra e da settori conservatori della società. Una delegittimazione costante che non credo porti lontano. Che anche i corpi intermedi abbiano bisogno di rinnovamento non ci sono dubbi. Ma attenzione: sul terreno del liberismo puro sarà sempre più credibile e competitiva la destra, perché quelle sono le sue idee. La discussione sulle pensioni può essere una buona occasione per un rinnovato confronto. E lo stesso vale per il tema della rappresentanza e delle innovazioni da apportare nella contrattazione. Credo che vada valorizzato il documento unitario di Cgil, Cisl, Uil sulle nuove relazioni industriali.

9. Mettere al centro consumatori e risparmiatori
Se non vogliamo consegnare il “popolo ai populisti”, dobbiamo incidere sulla vita quotidiana delle persone cambiandola in meglio. Il centrosinistra è già riuscito a farlo, concretamente, se si pensa al mondo dei consumatori. Poi, tutto si è fermato. Ma è possibile riprendere il cammino. La vicenda banche è la più delicata. Il Pd deve stare decisamente dalla parte dei piccoli risparmiatori. Questo è il terreno prioritario su cui portare alle estreme conseguenze la battaglia europea che abbiamo condotto in questi anni per invertire il ciclo del rigore. In Europa oggi il governo si sta muovendo. Ma in questi ultimi tempi il Pd è stato percepito troppo spesso come condizionato dall’establishment e non sufficientemente accorto alle esigenze dei più deboli. Un’azione a protezione dei risparmiatori unita ad una nuova iniziativa sulle liberalizzazioni, che rompa la morsa degli interessi dei più forti, sarebbe una mossa giusta. E’ una delle nostre bandiere da cui si può ripartire.

10. Rifondare centrosinistra e rigenerare il Pd
La nostra alleanza politica è il centrosinistra. Queste elezioni sono state il funerale del partito della nazione. Che pure è stato un tentativo politico inseguito dall’attuale gruppo dirigente. Di cui oggi forse ci si vergogna. Tentativo provato non solo in Parlamento, raccattando transfughi a destra e a manca, ma addirittura in modo folle in comuni importanti come Napoli. Allora diciamo, una volta per tutte, basta con alleanze improprie o tentativi di sfondamento a destra che, come abbiamo visto, non sono riusciti.
Oggi il Pd è un capo che parla in tv, più una sommatoria di comitati elettorali sul territorio. Le porte girevoli del trasformismo sono spesso spalancate. Altro che rottamazione. Il doppio incarico segretario/premier ha ridotto il partito ad un megafono di Palazzo Chigi che finisce per essere poco utile anche al governo stesso. Serve una segreteria autonoma che guidi la rigenerazione del Pd a tutti i livelli.

Ho scelto di non scrivere delle riforme istituzionali perché credo che la partita fondamentale il Pd la giochi sul terreno sociale. E lì che va rigenerato un rapporto vero con il Paese reale.
Credo però che il Pd dovrebbe usare bene il tempo che manca al referendum costituzionale. Molte preoccupazioni di chi vuol votare NO sono fondate ed hanno presa anche in una parte del nostro potenziale elettorato. Inutile far finta di non vedere.
Cambiare radicalmente la legge elettorale è la mossa migliore per convincere molti dubbiosi. Non lo dico oggi perché ho visto che il M5S ha vinto 19 ballottaggi su 20.
Sull’Italicum, più di un anno fa, mi sono dimesso da capogruppo alla Camera. E in politica, come nella vita, i fatti contano più delle parole.