“Il governo può durare ben oltre giugno”.

Pubblicato su Corriere della Sera, di Alessandro Trocino.

«Elezioni a giugno? Non hanno senso queste discussioni: se il governo fa quello che deve, vada avanti tranquillo, anche ben oltre giugno. Altrimenti si fermi prima. Ma non diamogli date di scadenza».
Roberto Speranza, leader della minoranza del Pd, non condivide l`idea attribuita a Matteo Renzi, che punterebbe a un electron day a giugno con Politiche e Amministrative accorpate nella stessa domenica.
Il tira e molla sulla durata del governo è cominciato da tempo e sarà il tormentone dei prossimi mesi. Perché se Paolo Gentiloni ribadisce l`ovvio – «Il governo dura finché ha la fiducia del Parlamento» – ci
sono due pulsioni contrapposte nel Pd. Quella di Matteo Renzi, che vuole avere il tempo di leccarsi le ferite della sconfitta referendaria, ma vorrebbe andare al voto prima della legge di Stabilità. La minoranza
del Pd, invece, sin dall`inizio è sembrata più orientata a dare pienezza di poteri all`esecutivo. Speranza la mette così: «La domanda vera non è quanto dura il governo, ma cosa fa. Se il governo produce iniziative
utili all`Italia, allora è giustissimo che vada avanti e usi tutto il tempo necessario. Se invece dobbiamo tirare a campare, allora non ha senso aspettare fino a giugno: finiamola anche prima».
Ragionamento tutto contenutistico e basato su quella discontinuità tanto invocata che, per ora, non si è ancora materializzata. Considera quello di Gentiloni un governo «fotocopia»? «Sì, oggettivamente il messaggio di discontinuità nella foto dell`esecutivo non c`è. Mi auguro che ci sia nei fatti». Il premier ha rivendicato la scelta di Maria Elena Boschi, che insieme a Luca Lotti, rappresenta il giglio magico nel nuovo esecutivo: «Non mi piace demonizzare singole personalità, ma è evidente che loro due rappresentano in pieno la continuità con il passato. Non se ne sentiva il bisogno: la loro presenza non aiuta per primo Gentiloni». E allora, se i nomi restano più o meno gli stessi, bisognerà provare a cambiare toni e
contenuti: «Sui toni, ho apprezzato molto il rigore, la sobrietà e la serietà istituzionale di Gentiloni. E anche l`idea rispettosa del Parlamento: qui c`è già un elemento di discontinuità, quando si dice che il governo deve accompagnare la legge elettorale e non imporla con la fiducia». Ma per Speranza serve molto di più: «Bisogna affrontare la questione sociale. Dobbiamo provare ossessivamente a dare risposta a questo tema, ricordandoci che 4 giovani su 10 sono senza lavoro e che tra gli under 35 il lavoro diminuisce».
Per Speranza il governo deve intervenire su tre punti: sulla Buona scuola, sul Jobs act e sulla povertà. «Dobbiamo ricucire la frattura con il mondo della scuola – spiega -. Fare il check up dei voucher. Che,
nati per far emergere il lavoro nero, sono diventati un elemento di precarizzazione. E intervenire sui licenziamenti disciplinari». Quanto alla povertà, Speranza propone una «misura di contrasto universale alla povertà». Qualcosa di simile al reddito di cittadinanza dei 5 Stelle? «Diciamo che nella sostanza non siamo lontani. Ma chiamarlo reddito di cittadinanza è improprio: così c`è solo in Alaska. Il governo ha cominciato un percorso, con il reddito di inclusione sociale. Ma non basta, servono 7 miliardi».
E dove si trovano? «Se si sono trovati per le banche, si possono trovare per le famiglie. Siamo l`unico Paese, insieme alla Grecia, che non ha una misura universale di contrasto alla povertà».
Quanto al partito, «c`è bisogno di un congresso vero, non di una gazebata». Con un punto preliminare: «Il doppio incarico l`abbiamo provato e non funziona. Ha reso il Pd debole, un megafono del governo, un pezzo di establishment agli occhi degli elettori».