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Grazie per essere qui. Grazie a tutti voi. Grazie per queste parole iniziali lucide su un mondo che cambia alla velocità della luce. Non si può che partire da qui. Dal vero e proprio cambio di paradigma al quale ci sta portando il dopo Parigi. L’età del caos o il tempo della paura è stato scritto. Da Parigi al Sinai, da Beirut al Mali. E poi il coprifuoco di Bruxelles. Mai tanta tensione. E ancora il repentino mutamento di relazioni internazionali mai così instabili.
Siamo dinanzi solo ad un gruppo di terroristi assetati di sangue che hanno fatto della violenza feroce la loro bandiera? Io credo di no. E credo che per sconfiggere l’Isis bisogna partire da questa domanda. Perché un ragazzo delle periferie di Londra o di Parigi decide di diventare volontario per questo esercito della morte? Cosa aggrega folle di disperati dei più lontani paesi del mondo sotto le insegne del califfato? Ė stato Papa Francesco da Nairobi a ricordarci che il terrorismo si alimenta nella miseria e nell’angoscia che riempiono la vita di troppi uomini e donne nel mondo.
Abbiamo ricordato altre volte un bel libro di Paolo Prodi sul tramonto della rivoluzione. E su come la crisi dell’Europa e in qualche modo dell’occidente sia prima di tutto una crisi della sua capacità di rivoluzionare e di offrire un messaggio egemonico al resto del mondo.
Io credo che prima ancora delle bombe e della comprensibile e legittima azione di chi in queste ore sta organizzando una risposta militare all’Isis noi dobbiamo costruire una risposta politica che parta da qui. Dalla capacità di offrire una nuova visione del mondo. Dobbiamo metterci all’altezza delle sfide più profonde del tempo nuovo che viviamo. È qui che si esplicita drammaticamente il nostro preoccupante ritardo.
La prima sfida riguarda l’Europa. Mai così debole in un momento in cui avremmo invece bisogno di un’Europa forte. Per me l’europeismo è e resta un tratto fondamentale della nostra cultura politica. Guai a metterci anche noi ad accarezzare un sentimento antieuropeo crescente nella nostra società. Noi siamo orgogliosamente europei e fieri di quello che è stato il più importante progetto politico dell’ultimo secolo. Ma la retorica non basta più. Oggi l’Europa è un progetto incompiuto. Che senza il coraggio di un nuovo slancio in avanti rischia seriamente di tornare indietro. All’unione monetaria non ha fatto seguito una vera unione né economica né soprattutto politica. E oggi ne paghiamo il prezzo. La soluzione è più Europa non meno Europa. Ma sicuramente un Europa diversa. (Stati Uniti di Europa ha detto tante volte Emma Bonino che oggi è qui con noi e a cui voglio rivolgere un caloroso abbraccio e ringraziamento).
Spero che questa consapevolezza maturi in tempo per evitare la vittoria di forze antieuropee che avanzano prepotentemente come abbiamo visto da ultimo in Francia. Ad oggi non si vedono i segni di un mutamento concreto che deve partire dalle regole economiche ancora orientate da un’impostazione rigorista che rischia di produrre danni irrecuperabili. Su questo fronte l’Italia ha provato ad usare un linguaggio diverso, ma non ha vinto. Non è riuscita a rompere il muro dell’austerità. Io credo che si possa e si debba fare di più e chiedo a Renzi di assumere, su questo terreno, una leadership politica e di lavorare per un risveglio del campo socialista mai così scialbo e debole. Tocca a noi dare la scossa in Europa per salvare l’Europa. Il caso greco è stato l’emblema del fallimento della nostra famiglia politica. Non si capiva in quei giorni quale fosse la differenza tra noi e la Merkel. E dobbiamo avere la consapevolezza che le soluzioni adottate, tardi e certamente non bene, potrebbero rivelare presto i propri limiti.
Anche nelle ultime settimane al di là della comprensibile spinta emotiva a stringersi attorno a Parigi non emerge una visione ed una strategia Europea su come affrontare i prossimi mesi.
Io sto apprezzando la linea del governo italiano. Una linea prudente in sintonia con la vocazione euromediterranea del Paese e con quel tradizionale ruolo di cerniera che l’Italia ha rivestito negli anni sia nella direzione nord sud che in quella est ovest.
In questo scenario ha un significato molto importante per me la questione di Gerusalemme, purtroppo sottovalutata nelle ultime settimane. Lì ci sarebbe bisogno di una nuova vera iniziativa europea capace di fermare la cosiddetta intifada dei coltelli restituendo una speranza al popolo palestinese e una vita sicura agli israeliani. Ma anche su questo fronte l’Europa appare purtroppo assente con il rischio pericolosissimo che la causa palestinese si leghi ai messaggi più pericolosi del fondamentalismo islamico.
Troppi grandi problemi a pochissimi chilometri dal nostro benessere senza alcuna capacità di trovare soluzioni adeguate. Penso in questi giorni ai bimbi morti a largo della Grecia. Sono 700 i bambini morti nel mediterraneo nel 2017 su oltre 3200 persone. Il doppio rispetto all’anno scorso. Di questo dovrebbe occuparsi la politica. Della vita delle persone. Delle ansie e le speranze di chi decide di partire mettendo a rischio la propria stessa esistenza fuggendo dalla guerra e dalla disperazione. Come fa a non essere questo il primo pensiero per la Sinistra nel mondo? La Sinistra è nata per emancipare e liberare masse oppresse. La questione dei migranti è la più grande questione legata alla redistribuzione delle opportunità. Direi quella più emblematica di questo tempo. E anche su questo fronte le parole di Papa Francesco sono tra le più coraggiose, forti e chiare. Anche qui offrendo un terreno fecondo per l’incrocio tra cultura cattolico democratica e le battaglie egualitarie della sinistra.
Sto parlando di quei valori di fondo che danno senso ad un partito. Che spiegano le ragioni per cui esiste un soggetto politico. Credo che di questo, a partire dal nostro sguardo sul mondo, dovremmo parlare oggi. Penso ancora al dibattito di questi giorni della conferenza sul clima che ci auguriamo superi i fallimenti del passato. Una buona intesa sarebbe importantissima e capace di portare cambiamenti profondi nei sistemi produttivi. Penso all’allargamento delle disuguaglianze. Penso ad una ripresa che ancora non tocca la vita reale dei cittadini. Penso al drammatico divario Nord-Sud. Queste preoccupazioni e la volontà di portare il nostro dibattito a questa altezza ha portato me, Gianni, Sergio ( voglio ringraziarli personalmente per il lavoro di questi mesi e per la sensibilità e la disponibilità dimostrata nell’organizzazione di questo evento) e tanti altri amici e compagni a sentire l’esigenza di alimentare una discussione vera dentro il Partito Democratico. Qui non parliamo ne di Leopolda ne di antileopolda come qualcuno ha definito il nostro appuntamento. Siamo stanchi di misurare ogni pensiero o dichiarazione sulla distanza o vicinanza alle parole del premier. Non è questo che ci interessa. Oggi abbiamo in testa il mondo che cambia e le nuove sfide a cui è chiamata la politica ed in modo particolare il centrosinistra e il nostro Partito Democratico. Siamo ambiziosi. Vogliamo parlare al Paese. E raccontare perché questo nostro punto di vista può servire all’Italia.
Nel Partito Democratico crediamo profondamente. È la nostra scelta e la nostra prospettiva politica. Lo sguardo all’Italia e al suo futuro che consideriamo sempre come la vera priorità politica ci porta a puntare su questo soggetto. Fuori dal Pd la fotografia è e resta purtroppo inquietante. Salvini, Grillo e Berlusconi. La responsabilità del Paese è evidentemente sulle nostre spalle. Dobbiamo esercitarla bene. Per questo abbiamo sempre detto no e continuiamo a dire no ad ipotesi di scissioni o divisioni del nostro campo. Eppure il Pd che ha suscitato tante speranze oggi rischia di provocare altrettante disillusioni. Domande complicate scuriscono il nostro orizzonte.
Stiamo facendo fino in fondo la nostra parte noi democratici che oggi abbiamo più responsabilità di ogni altro?
In che direzione punta la nostra barca?
Il Pd è ancora il grande soggetto del centrosinistra o è diventato il Partito della nazione indistinto in cui può star dentro tutto e il contrario di tutto?
C’è spazio per ricostruire il centrosinistra?
Sono domande di fondo che attraversano e spesso preoccupano e disorientano la nostra gente e richiedono risposte coraggiose. Noi queste risposte dobbiamo avere il coraggio di darle. Sono le domande attorno a cui motivare la nostra battaglia politica dentro il partito democratico. Le risposte a queste domande indicano come sia indispensabile su molte questioni invertire la rotta se non vogliamo che si consumi una definitiva rottura con una parte larga del nostro mondo.
Partiamo dal centrosinistra. Per noi quello resta l’orizzonte strategico. L’abbiamo scritto nel sottotitolo della giornata di oggi. La lettera dei sindaci arancioni di Milano, Genova e Cagliari va nella direzione giusta. E ci aiuta perché a scriverla non sono sindaci del Pd. In questi mesi troppo spesso abbiamo dato la sensazione di credere in una nostra autosufficienza. Una certa idea del Pd col petto in fuori che rade al suolo o al massimo ingloba tutto ciò che lo circonda. È un idea pericolosa. Che ci ha fatto sbagliare un passaggio delicatissimo come quello della legge elettorale. Che ci ha già fatto male a molti ballottaggi delle elezioni amministrative e che potremmo pagare a carissimo prezzo nelle grandi città al voto nella prossima primavera. Noi dobbiamo costruire ponti. E vincerle quelle elezioni. Come abbiamo già fatto in passato. Col civismo, con l’associazionismo e anche con chi ha deciso di intraprendere avventure diverse dal Pd. Dialogo aperto. Era questo lo spirito migliore dell’Ulivo che credo non debba essere mai archiviato E poi, con questo spirito, serve un utilizzo intelligente delle primarie come antidoto al partito della nazione. Noi abbiamo la quota più grande di responsabilità ma, a chi ha fatto scelte diverse dal Pd, dobbiamo ricordare che senza Pd non si costruisce il centrosinistra e che il vero nemico è la destra e i populismi vecchi e nuovi che avanzano nel nostro Paese. Il nemico non può essere il Pd. Noi dobbiamo ricostruire il centrosinistra. E il centrosinistra non si costruisce con un partito che si chiama nuovo centrodestra. Un partito che rispettiamo per la funzione nazionale che sta esercitando in una fase di emergenza. Ma la prospettiva politica è altra. Noi siamo il centrosinistra loro sono il centrodestra. Sbaglia chi pensa che non ci sono più differenze.
Ricostruire il centrosinistra significa ripartire dai nostri valori e dal nostro disegno di riforma del Paese. I valori sono le nostre radici su cui vogliamo costruire il futuro. Non c’è futuro senza radici ben salde.
Penso alla legge di stabilità. Ci sono punti di forza. C’è il tentativo di dire all’Italia: coraggio! Rimettiamoci in moto! E questo è giusto e apprezzabile. Noi tutti vogliamo scommettere su un’Italia che si rialza e ricomincia a correre. E vogliamo dare una mano vera in questa direzione.
Ma ci sono anche scelte sbagliate che noi assieme abbiamo chiesto di cambiare. A cosa serve togliere la tassa sulla casa a tutti in modo indistinto? Far parti eguali tra diseguali è la più grande ingiustizia che ci sia diceva Don Milani, non un pericoloso estremista. Così regali qualche migliaio di euro a chi già sta bene e poco più di cento euro a chi sta peggio. Il centrosinistra può fare il Robin Hood al contrario? O ancora il contante. Che segnale è il tetto a 3000 euro nel Paese col più alto tasso di evasione dopo la Grecia? L’evasione va combattuta con ogni energia. È un ingiustizia inaccettabile. su questo abbiamo fatto alcune proposte molto forti a partire dal lavoro del Nens su cui ancora non vediamo un impegno sufficiente da parte del nostro governo.
Continueremo a ripeterlo. Equità ed investimenti sono le parole chiavi per far ripartire il Paese. Una società più equa è anche più competitiva e gli investimenti sono il fattore più significativo per la crescita. Ogni euro messo in investimenti produce fino ad un moltiplicatore fino a 3. Ogni euro messo sulla defiscalizzazione produce un moltiplicatore 0,8. Investimenti per me significa infrastrutture, ma anche sanità, scuola pubblica. Le grandi leve della redistribuzione nel nostro Paese.
Vogliamo più riforme non meno riforme. servirebbe per esempio uno scatto sul terreno delle liberalizzazioni su cui invece siamo stati finora molto timidi.
Ancora sul Mezzogiorno bisogna fare di più. Arriva qualche segnale nelle ultime ore ma non basta. La frattura sud nord è pazzesca. Siamo di fronte ad una scissione silenziosa. Abbiamo chiesto più volte una misura universale di contrasto alla povertà. Non esiste solo in Italia e Grecia. Perché lasciare questo argomento a Grillo. Deve essere una nostra battaglia.
Ancora chiediamo più coraggio sui diritti. Sembriamo impantanati. Irretiti in un dibattito ideologico fuori tempo massimo con un mondo che va da tutt’altra parte. È fondamentale che la normativa sui diritti delle coppie omosessuali venga approvata al più presto. Lo step child adoption è irrinunciabile. E non possiamo continuare ad assistere ad una politica superata dalla legittima funzione magistratura come avvenuto ancora nelle ultime ore. Io sono favorevole ai matrimoni egualitari. Non mi spaventa neppure l’apertura di una discussione vera sulle adozioni. La proposta Cirinnà è un compromesso. Ma oggi non possiamo più aspettare.
Con queste idee e questi valori vogliamo Ricostruire il Pd
Renzi è segretario da ormai due anni. Dopo pochi mesi la direzione del Pd lo ha portato a divenire anche premier. È tempo di un primo bilancio. Non si può sfuggire. A me pare che sui territori il Pd sia più debole. Non più forte. Che sembri sempre più una semplice sommatoria di comitati elettorali. Che le porte girevoli del trasformismo siano spalancate. Altro che rottamazione!!
Credo che servirebbe un partito molto più autonomo. In questi mesi abbiamo fatto prevalentemente il megafono di palazzo Chigi. Così il Pd non serve. Non serve neppure a Palazzo Chigi. Lo dico a Renzi. Un partito Megafono non serve neppure a te Matteo.
Vorrei un Pd aperto e curioso, sempre disponibile al confronto. Capace di interagire con i soggetti sociali. Di rispettarlo e di ascoltarli. Senza dare la sensazione che ogni occasione è buona per mettere la testa sotto i piedi ai sindacati. Un partito che parli con studenti ed intellettuali. Che sia capace di crescere ed arricchirsi nei luoghi di lavoro. Un Pd tra la gente. Sempre. Non solo a chiamata come avvenuto meritoriamente il 5 e il 6 di dicembre. La coincidenza segretario/premier non ha funzionato. Ha depresso l’autonomia del partito.
Serve un momento vero di confronto su questi temi. Il congresso arriverà. Ma prima a me pare indispensabile riunire una comunità larga del nostro partito e fare una valutazione vera sullo stato del Pd. Lo dico anche oggi a Lorenzo di cui apprezzo molto lo sforzo quotidiano di tessitura e cucitura dentro il Pd e che ringrazio per essere oggi qui con noi.
Spero che questa giornata ci aiuti a dar forza al pluralismo del Pd. Esperienze diverse oggi si confrontano per aiutare il Pd ad essere più forte. Non serve il pensiero unico. E neanche la tristissima corsa a salire sul carro del vincitore a cui abbiamo assistito in questi mesi. I renziani dalla prima all’ultima ora. Noi ci siamo tenuti la nostra coerenza e soprattutto le nostre idee. Idee che vengono sempre prima delle poltrone. Oggi non nasce un correntone. Non servirebbe. È anche una parola brutta. Noi siamo il Pd. Il grande partito del centrosinistra nel nostro Paese. E dentro questo partito vogliamo affermare un punto di vista diverso. Alternativo. E noi in questi mesi ci siamo divisi troppo e siamo stati troppo chiusi in parlamento in una logica emendativa che non ha portato i risultati sperati. Spero che questa iniziativa rappresenti una tappa per superare con intelligenza divisioni e incomprensioni e recuperare quella centralità dei territori dalla quale bisogna necessariamente ripartire. Dovremo assieme valorizzare un dialogo con tante associazioni della sinistra e del centrosinistra che sono nate in giro per l’Italia e che possono rappresentare un patrimonio straordinario di civismo.
Qualche giorno fa ho perso una persona molto cara. Un segretario regionale del Pd. Ancora quasi non riesco a crederci. Lui mi ha insegnato ad amare la politica. A considerarla come lo strumento più bello per restituire alla comunità quanto ti è stato da essa donato. Lo strumento più forte per la costruzione del progresso tra i nostri cittadini. Che alla fine dei conti è il nostro unico e più grande obiettivo.
Ecco credo che oggi facciamo un passo. Piccolo ma importante. Credo che dobbiamo ripartire proprio da questa lezione. Ciao Antonio.