Intervista al Corriere della Sera. Di Monica Guerzoni.
ROMA Con il vento di scissione che soffia nel Pd, sabato Roberto Speranza si è diviso tra la «giornata di militanza» di D’Alema a Roma e l’assemblea di Rimini con Renzi.
Da che parte sta, onorevole? Con la «ditta» degli ex Pci o con il Pd di Renzi?
«Sto con il popolo di centrosinistra. Per me quelle due assemblee non sono due platee l’una contro l’altra armate. I nostri avversari sono i nuovi nazionalismi, i populismi, le destre. Sono due parti dello stesso campo e io lavoro per unirle. Ma il Pd e il centrosinistra devono essere resi contendibili prima delle politiche».
Se Renzi non fa le primarie, liberi tutti?
«Se si andasse alle urne ora con il proporzionale puro, temo che non ci sarebbe una maggioranza in Parlamento. Davvero vogliamo votare con una legge che ci mette nel pantano? Se il Pd toglie la fiducia a un suo premier e consegna il Paese all’ingovernabilità non è più il Pd, è il partito dell’avventura».
Prima il congresso e poi le urne, o sarà scissione?
«È inimmaginabile correre verso le politiche senza un momento di partecipazione dal basso, per ridefinire il progetto e la leadership».
C’è un patto tra D’Alema e Bersani?
«Non ci sono patti, c’è un ragionamento politico. Una lettura della necessità di rigenerare il Pd per renderlo più competitivo con un nuovo leader. Noi lavoriamo a costruire un’alternativa a Renzi».
Cosa deve fare il leader per scongiurare la rottura?
«La sentenza della Consulta ha stravolto l’Italicum, trasformandolo dalla legge più maggioritaria del pianeta in un proporzionale quasi puro. Dobbiamo subito lavorare in Parlamento per approvare una nuova legge elettorale».
Cosa le ha detto il segretario al telefono?
«Leggo molti gossip e dietrologie senza senso. Non servono trattative segrete, serve un dibattito vero e alla luce del sole sul futuro del Pd».
Davvero non state trattando sui posti sicuri?
«Io sono per toglierli, per me è sulla linea politica che si discute. Il Pd deve mettere avanti l’interesse del Paese, non le ambizioni di qualche capo corrente. I capilista bloccati vanno eliminati subito».
Lei accusa Renzi di volere un Pd di servi. Non esagera?
«Per non avere mai più un Parlamento di nominati ci sono due strade. Si possono fare i collegi uninominali, o togliere i capilista bloccati».
Pensate a un nuovo partito per prendere più posti di quelli che Renzi vi offre?
«Posti non ne vogliamo. Chiediamo che i capilista bloccati vengano tolti e che i cittadini possano scegliersi i rappresentanti. A Renzi poniamo una questione politica, non di destini individuali. Abbiamo già dimostrato, a cominciare da me, di saper mettere le idee prima delle poltrone».
E se Renzi decidesse di schierare, per Palazzo Chigi, Gentiloni o Delrio?
«Il diritto di decidere il progetto politico spetta ai nostri iscritti e ai nostri elettori. La leadership non è uno scettro, che si consegna nelle mani di qualcuno».
Non ha rinunciato al sogno di diventare segretario del Pd?
«Scherza? Sto girando l’Italia, dalle fabbriche alle periferie, per costruire un’altro Pd. E se vincerò il congresso mi impegno a cambiare lo Statuto. I mille giorni di Renzi insegnano che c’è bisogno di un segretario che lavori sul partito 24 ore al giorno, per la coincidenza tra segretario e premier il Pd ha pagato un prezzo».
Emiliano non ama i ticket, vuole correre da solo…
«È uno dei nomi con cui bisogna provare a costruire una alternativa, senza nuovi personalismi. È il tempo del noi, non quello dell’io».
È vero che state pensando a Bianca Berlinguer?
«Bisognerà provare a tenere insieme tutte le personalità che hanno voglia di costruire un altro Pd».