Informativa del Ministro della salute sul contenuto dei provvedimenti di attuazione delle misure di contenimento per evitare la diffusione del virus Covid-19 e conseguente discussione (ore 12,36)
Signor Presidente, onorevoli senatori, considero sempre la presenza in Parlamento un’opportunità per poter condividere la strategia che il Governo sta mettendo in campo sulla vicenda coronavirus e soprattutto un’occasione per poter ricevere spunti, idee e suggerimenti anche in vista delle prossime scelte che dovremo assumere da qui al 10 agosto.
La dialettica democratica, anche se a volte aspra, io sono convinto che renda il Paese più forte nell’affrontare un passaggio così difficile e anche per questo credo che non dobbiamo mai perdere di vista le ragioni di un confronto: qual è lo stato dell’arte? Come sta messa oggi l’Italia sul piano sanitario? In questa mia informativa vorrei partire da alcuni numeri che giudico molto rilevanti e che sono stati ufficializzati negli ultimi giorni dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), quindi dal principale istituto europeo che segue l’evoluzione dell’epidemia nel nostro continente. Questo centro ha indicato il tasso di incidenza su 100.000 abitanti negli ultimi 14 giorni e in Italia il numero è pari a 5,7 casi, in Germania 8,4 casi, nel Regno Unito 12,6 casi, in Francia 19 casi, in Croazia 25,3 casi, in Spagna 53,6 casi, in Romania 75,1 casi. Sono numeri che credo spieghino meglio di tante altre parole il lavoro fatto in questi mesi e la situazione in cui si trova il nostro Paese, in un contesto che è tutt’altro che semplice, perché nel mondo è sicuramente il momento più difficile. Procediamo a livello globale con circa un milione di nuovi casi a settimana, ci sono ormai 19 milioni di casi a livello globale e il numero dei decessi ha superato i 700.000. Sono numeri che non richiedono commento per la loro drammaticità e per la loro forza. Anche in Europa, nel nostro pezzo di mondo, la situazione è tutt’altro che tranquilla: basti guardare ai Balcani, dove i numeri sono assolutamente preoccupanti e in crescita e questo ci ha portato anche ad adottare alcune misure drastiche di contenimento, con divieto d’ingresso e di transito da alcuni di questi Paesi; tuttavia nelle ultime giornate la situazione è complicata anche in alcuni importantissimi Paesi europei.
Voglio ricordare tra questi la Spagna, che nella giornata di ieri segnala quasi 1.800 casi, il numero più alto dalla fase più intensa dei mesi di marzo e di aprile. Qual è allora la verità? La verità, se alziamo per un istante lo sguardo, è che oggi l’Italia è oggettivamente messa meglio degli altri Paesi. Questo è un dato oggettivo, che ci viene riconosciuto anche a livello internazionale.
È un risultato di tutti. Voglio essere molto, molto chiaro su questo punto: è un risultato di tutto il Paese, non di una parte; è il risultato del Governo, è il risultato delle Regioni, è il risultato del Parlamento. È un risultato, prima di tutto, del nostro servizio sanitario nazionale, di cui dobbiamo essere orgogliosi. È un risultato dei nostri medici; è un risultato dei nostri infermieri; è un risultato dei nostri operatori sanitari, che hanno svolto un lavoro straordinario ai quali, senza retorica, non smetteremo mai esprimere la nostra gratitudine.
A questo proposito, permettetemi solo per un istante di ringraziare tutti i Gruppi parlamentari del Senato, proprio perché nella giornata di ieri si è consumato un voto importante ed è stata approvata la legge contro le aggressioni: una norma di grande civiltà, approvata all’unanimità alla Camera dei deputati e poi al Senato della Repubblica, che credo dia un segnale giusto, un segnale di un Paese che vuole prendersi cura di chi ogni giorno si prende cura di noi. Naturalmente questi risultati sono stati resi possibili dal comportamento dei nostri concittadini, che è stato straordinario e che dobbiamo ricordare in ogni passaggio.
Anche in questo caso, una verità semplice: nessuno di noi, a nessun livello, aveva un manuale di istruzioni. Siamo stati il primo Paese occidentale colpito dopo la Cina; non lo avevamo noi a Roma, non lo avevano i presidenti e gli assessori regionali nelle Regioni, non lo avevano i medici, gli infermieri, gli operatori negli ospedali. Eppure le istituzioni repubblicane hanno retto. Ecco, io penso che questa dovrebbe essere una valutazione condivisa della nostra comunità nazionale, del nostro Parlamento: le istituzioni repubblicane hanno retto. Basta tutto questo? È sufficiente? I dati che vediamo e quello che abbiamo fatto finora ci dicono che siamo al sicuro? Possono farci dire che la battaglia è definitivamente vinta? Io credo di no. La mia opinione è molto chiara e molto netta. Credo che stiamo molto meglio di come eravamo nei mesi di marzo, aprile e maggio e credo che l’Italia stia molto meglio rispetto a tanti altri Paesi del mondo e d’Europa, ma non credo che la battaglia sia vinta, non credo che possiamo ritenerci al sicuro.
Ho avuto già modo di dire in quest’Aula che siamo fuori dalla tempesta – e questa è una verità – ma non siamo ancora in un porto sicuro. Abbiamo quindi bisogno di tenere ancora alto il livello di attenzione, di tenere alta la guardia, perché abbiamo recuperato tanto terreno ma ancora ci sono problemi, ci sono insidie, quindi serve la massima cautela. Dopo due mesi difficilissimi, quelli di marzo e di aprile in modo particolare, i due mesi del lockdown, come è noto, abbiamo avviato, a partire dal 4 maggio, una lunga, graduale, prudente stagione di riaperture. Dobbiamo continuare esattamente su questa strada. Le prime riaperture, come ricorderete tutti, quelle del 4 maggio, hanno riguardato il cuore del nostro comparto produttivo: l’industria, la manifattura, l’edilizia, il commercio all’ingrosso. Poi il 18 maggio – anche in questo caso lo ricorderete – abbiamo riavviato altre attività fondamentali del nostro Paese: penso ai servizi alla persona, alla ristorazione, ai bar. Ancora, il 3 giugno abbiamo fatto un ulteriore passo, riaprendo i confini tra le Regioni e anche con tutti i Paesi europei.
Insomma, è un percorso che un po’ alla volta, con grande prudenza e gradualità, ci ha portato a una stagione di riapertura. Ad oggi, possiamo dare un giudizio positivo di questa prima fase di apertura. Eravamo preoccupati, senz’altro, perché nel momento in cui si riapre e in cui si riparte, aumentano i contatti tra le persone e la possibilità di far ripartire il contagio. La mia opinione è che il sistema di monitoraggio che abbiamo costruito, e che in modo particolare l’Istituto superiore di sanità ha messo in campo, insieme al Ministero della salute, in strettissimo coordinamento con le Regioni, ci ha consentito di valutare passo dopo passo l’impatto di queste riaperture.
In realtà, i numeri ci dicono che la curva, nonostante le riaperture, almeno per una prima fase significativa ha continuato a piegarsi dal lato giusto. Ora, con la stessa chiarezza, i dati ci dicono che da qualche settimana siamo in una fase di sostanziale stabilità. Questo ci dice che ancora il virus circola, che ci sono cluster e focolai che spesso emergono nel nostro Paese, ma che il nostro sistema di monitoraggio e il sistema di prevenzione che abbiamo organizzato in ogni territorio ci mettono nelle condizioni di poter intervenire. Dovremo aumentare sempre di più la nostra capacità di resilienza, di essere veloci e rapidi, di poter immediatamente individuare questi focolai, isolare i casi positivi ed intervenire con grande determinazione quando questi si presentano. Penso che questo sistema di monitoraggio su ventuno criteri – su cui non torno – sia stato uno dei punti che ci ha consentito in questi mesi di gestire l’epidemia.
Mi piace ricordare in quest’Aula che lo scorso lunedì, quindi tre giorni fa, abbiamo presentato i risultati dello studio di sieroprevalenza condotto nel nostro Paese dal Ministero della salute, in collaborazione con Istat e con Croce rossa italiana, che ringrazio per il lavoro straordinario che è stato messo in campo. Alla fine, abbiamo ottenuto una risposta positiva da oltre 65.000 persone: è il dato più alto a livello europeo; non c’è un’altra analisi sierologica fatta con un campione scientificamente affidabile (il nostro è stato costruito dall’Istituto nazionale di statistica). Questi primi dati che abbiamo ricavato, e che metteremo a disposizione della comunità scientifica nazionale e internazionale, ci consentono di avere un’ulteriore fotografia di quello che è avvenuto in questi mesi. Anche in questo caso i numeri sono netti e chiari. Il 2,5 per cento delle persone del nostro Paese ha incontrato il virus e ha maturato nel proprio sangue gli anticorpi. È un numero che, proiettato su un valore assoluto, ci porta a un 1.482.000 persone.
I dati di questa indagine sono molto dettagliati. Quello più significativo, che credo abbia una valenza più rilevante, riguarda la distinzione geografica: non è una sorpresa per noi, ma è del tutto evidente che c’è un enorme diversità nell’impatto e che il contagio hanno avuto nelle diverse aree del nostro Paese. La Regione più colpita, come già sapevamo, è la Lombardia (7,5 per cento), con punte drammaticamente elevate in modo particolare nella Provincia di Bergamo (24 per cento) e nella Provincia di Cremona (19 per cento). Invece, ci sono dati molto più bassi in altre Regioni. In modo particolare, voglio ricordare che nelle Regioni del Mezzogiorno c’è sempre una media che è sotto l’1 per cento (nessuna Regione del Sud raggiunge l’1 per cento), e le due isole sono addirittura allo 0,3 per cento.
Questo dato ci dice che le misure attuate e il rigore delle misure messe in campo hanno consentito di fermare il virus dove era già arrivato in maniera molto significativa, cioè nelle aree geografiche dove l’impatto è stato più duro ed è arrivato in maniera anticipata sul piano temporale. Considerate anche un elemento che non ritengo irrilevante: la Spagna, l’altro grande Paese europeo che ha fatto un’indagine simile alla nostra, anche se con numeri leggermente ridotti, segnala una percentuale di sieroprevalenza pari al 5 per cento. Noi siamo al 2,5 per cento ed anche questo è un dato che fa capire i termini di un impatto c’è stato.
Sulla base delle valutazioni che ho fatto finora possiamo riaffermare quello che ritengo sia un fatto ormai evidente, cioè che non esiste un rischio zero e che siamo chiamati a continuare questo percorso di riapertura (perché noi continueremo ancora in questo percorso di riapertura), nella piena consapevolezza delle cose che ho detto finora e, quindi, di questa linea di prudenza, saggezza e cautela che credo ci abbia positivamente portato fin qui. Quali sono le tre regole fondamentali che restano per noi decisive e che dobbiamo assolutamente mantenere nella fase che ci aspetta (nel mese di agosto e – credo – anche nella prima ripresa autunnale)? Si tratta di tre regole essenziali, riconosciute da tutta la comunità internazionale senza alcuna eccezione: l’utilizzo delle mascherine, che nel nostro Paese sono obbligatorie nei luoghi chiusi aperti al pubblico; il distanziamento di almeno un metro; il lavaggio frequente delle mani. Sono tre regole comportamentali essenziali che dobbiamo provare assolutamente a consolidare ancora nel comportamento dei nostri concittadini.
Tutta la comunità internazionale condivide il fatto che queste tre regole sono veramente decisive dentro questa fase di convivenza. Io la dico così, con grandissima chiarezza e nettezza: non dividiamoci su queste tre regole, che devono essere patrimonio condiviso di tutto il Paese. Qui non c’è materia politica; su queste tre norme non c’è sinistra, destra o altro, in quanto si tratta di tre regole essenziali per continuare con prudenza un percorso di riapertura che io ritengo assolutamente indispensabile.
L’ultima ordinanza che ho firmato nella giornata di sabato 1° agosto ripropone fondamentalmente queste tre regole essenziali. L’ordinanza è stata poi declinata sulla vicenda trasporti, ma è generica e ribadisce queste tre regole fondamentali che noi riporteremo anche come base essenziale del prossimo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. È chiaro che altre attività apriranno; noi continuiamo questo percorso. Se siamo solidi e condividiamo su questi tre principi fondamentali e se, in questa sintonia con il Paese, riusciamo a far vivere queste tre regole come quelle che ci servono fino a quando non avremo soluzioni più solide di natura medica (penso al vaccino e alle cure), noi possiamo continuare questo percorso di riaperture.
Faremo ciò anche con il prossimo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, posto che l’idea è quella di provare a far ripartire alcune delle attività che finora sono state sospese. Penso, per esempio, alle attività fieristiche, che sono di grande rilevanza per il nostro Paese, e alle navi da crociera, che pure rappresentano un pezzo importante di mondo economico del nostro Paese, che possono ripartire, ma nel rispetto completo di queste regole e dei protocolli che il nostro Comitato tecnico-scientifico ha validato e messo in campo. Queste tre regole sono vincoli che provocano delle leggere restrizioni, ma è chiaro che se le paragoniamo alla fase di lockdown che abbiamo vissuto, è del tutto evidente che siamo in una stagione diversa e che continuiamo a pagare un prezzo che ci mette però nelle condizioni di continuare questo percorso di riapertura dentro la stagione di convivenza con il virus.
L’autunno sarà una stagione che dovremo affrontare con queste regole e con la massima accortezza. Mi piace ricordare, in modo particolare in quest’Aula del Senato dove mi era stato richiesto, in modo particolare da un’interrogazione del senatore Romeo e degli altri senatori del Gruppo della Lega Nord, che in queste ore stiamo ultimando le linee guida generali per la ripresa di ottobre. Questa richiesta era arrivata e c’è stato un lungo lavoro dell’Istituto superiore di sanità e del Ministero della salute. Il documento, che è arrivato ieri al Comitato tecnico-scientifico e che faremo arrivare nel giro di poche ore alle Regioni italiane, fornirà l’orizzonte con cui affrontare la fase della ripresa.
Era stata una richiesta in qualche modo arrivata. C’è stato un lavoro lungo dell’Istituto superiore di sanità e del Ministero della salute. Questo lavoro è stato consegnato ieri al CTS ed ha prodotto un documento che faremo arrivare, nel giro di poche ore, alle Regioni italiane che fornirà l’orizzonte con cui affrontare la fase della ripresa. Era una richiesta arrivata da questo Parlamento cui mi ero impegnato a rispondere positivamente e mi fa piacere, oggi, poter dare questa informazione.
In questi mesi, credo che abbiamo costruito un rapporto positivo, com’è giusto che sia, tra scienza e politica. Credo molto in questo rapporto positivo, nel rispetto delle reciproche differenze e delle reciproche autonomie. Non vi è dubbio che sia la politica a dover scegliere, ma sono profondamente convinto che la politica possa scegliere meglio se ha – diciamo così – la capacità di ascolto, di dialogo e di comprensione dell’evidenza scientifica che può arrivarci quotidianamente dai nostri scienziati. Penso che la politica sia più forte, quindi permettetemi di dire che il lavoro del Comitato tecnico scientifico, anche su questo piano, sui protocolli di sicurezza che stiamo costruendo, è molto importante e anche in questo caso permettetemi di usare questa informativa per affermare che il dipartimento di Protezione civile della Presidenza del Consiglio ha già provveduto a consegnare i verbali a chi ne ha fatto richiesta e che continueremo esattamente su questa linea.
La trasparenza è stata, per quanto mi riguarda, fin dall’inizio una regola fondamentale che ci siamo dati e continueremo a considerarla tale. È un valore a cui non intendiamo assolutamente rinunciare.
Aggiungo velocemente tre punti all’informativa: in primo luogo, la scuola è stata oggetto di numerosi dibattiti e ho avuto modo di dire che riterremo il lockdown definitivamente chiuso nel nostro Paese solo nel giorno in cui tutte le scuole di ogni ordine e grado, senza differenze e senza distinguo, potranno riaprire. Chiudere le scuole è stata, per quanto mi riguarda anche sul piano personale, la scelta più difficile da fare. Purtroppo è stata una scelta indispensabile. Anch’essa spiega i numeri di cui ho provato a ragionare e le differenze tra noi ed altri Paesi d’Europa e del mondo, però è evidente che a settembre dovremo ripartire. Confermo che l’intenzione del Governo è molto chiara su questo punto: le scuole riapriranno e riapriranno tutte. Il nostro obiettivo è che riaprano in piena sicurezza.
Stamattina è stato firmato il protocollo di sicurezza tra il Ministro dell’istruzione e le forze sociali e riteniamo che questo sia un altro passo avanti in questo percorso. Sulle scuole stiamo lavorando per ripristinare una relazione più organica tra l’universo della salute e l’universo della scuola. Tale relazione organica strutturata è esistita nella storia del nostro Paese. Nel 1961 fu approvata una norma che introduceva nel nostro ordinamento la medicina scolastica. Tale norma si è persa negli anni Novanta, in una stagione di tagli, una stagione di austerità in cui la contrazione della spesa pubblica ha avuto l’effetto, probabilmente, di rompere questo legame. Ora, io non penso che dobbiamo tornare esattamente ad un modello del passato, ma il tema di fondo di una relazione organica, non episodica, strutturata tra i dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie dei nostri distretti e i plessi scolastici e gli istituti sia particolarmente importante e lo sia in modo particolare in questo momento, perché noi non dobbiamo lasciare soli i nostri insegnanti e i nostri presidi. Se c’è una questione che è di natura sanitaria, c’è bisogno che chi ha la competenza in tale ambito dia una mano e stia al fianco dei nostri presidi e dei nostri insegnanti per gestire la vicenda.
In secondo luogo, per quanto riguarda i vaccini, vorrei usare questa informativa per la condivisione di una ulteriore battaglia, una sfida in cui il nostro Paese è convintamente inserito e che io ritengo particolarmente strategica. La mia opinione è che un vaccino sicuro, certo e chiaramente validato con tutti i canoni scientifici possa metterci nelle condizioni di vincere definitivamente questa battaglia. Il nostro Paese sta investendo con tutte le energie di cui dispone in una sfida che, come è ovvio, non è la sfida di un Paese, non è la sfida di un continente ma è la sfida di tutto il mondo in questo momento. Vi ho già informato dell’alleanza per i vaccini, che l’Italia ha sottoscritto con Francia, Germania e Olanda. Questa alleanza ha rappresentato il motore dell’iniziativa sui vaccini della Commissione europea. Noi abbiamo sottoscritto un primo accordo molto importante con Astrazeneca. Chiaramente, oggi stiamo parlando di un candidato vaccino, ma tale accordo ci consentirà di avere, se questo candidato vaccino dovesse superare tutte le prove, le prime dosi già entro la fine del 2020.
Questo candidato vaccino, che oggi sembra essere quello più avanti in termini di tempo, è un candidato vaccino che è stato studiato, elaborato e progettato presso l’Università di Oxford. Voglio, però, ricordare che il vettore virale, che è un pezzo fondamentale di questo impianto, viene prodotto presso l’azienda Irbm di Pomezia. Quindi, c’è anche un pezzo del nostro Paese. E l’infialamento di questo stesso vaccino, prodotto da Astrazeneca, avverrà, per tutte le dosi europee, presso la sede della Catalent di Anagni.
Questo significa che l’Italia non sta a guardare. L’Italia è in prima linea. L’Italia è dentro questa partita, che ci auguriamo possa darci, nel giro di poche settimane, un risultato.
Io sono, chiaramente, molto prudente. Stiamo parlando di un candidato vaccino. Anche se abbiamo un contratto che dice che esso arriverà, se andrà bene, già alla fine dell’anno, è però ancora un candidato vaccino. La rivista Lancet, che è una delle principali riviste scientifiche sul piano internazionale, ha riportato uno studio sulla fase 1 e 2 di questo vaccino Astrazeneca Oxford-Anagni Pomezia, secondo il quale, sostanzialmente, la fase 1 e 2 hanno avuto risultati molto incoraggianti. La fase 3, che è in corso, è una fase che avrebbe dovuto essere fatta da tutti in Europa. Quando, però, la curva del contagio in Europa si è abbassata, è stata spostata in Brasile, in Sudafrica e in altre parti del mondo. Il nostro auspicio è che possano, nel più breve tempo possibile, arrivare notizie incoraggianti quanto quelle che sono già state diffuse dalla rivista Lancet.
Ancora sui vaccini. Oltre ad Astrazeneca, con la Commissione Europea stiamo lavorando per chiudere contratti con tutte le altre grandi case farmaceutiche che sono al lavoro. Vi è un gruppo ristretto della Commissione europea e l’Italia è all’interno di questo gruppo ristretto proprio perché fa parte della prima alleanza dei vaccini con Germania, Francia e Olanda. Noi proveremo, nelle prossime ore, a livello di Commissione europea, a chiudere ancora tanti contratti, perché, appena una di queste compagnie dovesse darci una notizia positiva, saremo nelle condizioni di poter usufruire immediatamente del vaccino nel nostro Paese.
Aggiungo un’ultima cosa sui vaccini, perché ritengo sia rilevante. C’è un vaccino tutto italiano, messo in campo da ReiThera, una realtà del Lazio, una realtà del nostro Paese, anch’essa importante. In questo caso, la fase di sperimentazione in vitro e sugli animali si è completata ed è iniziata la fase di sperimentazione sull’uomo, che avverrà all’istituto Spallanzani di Roma e al Policlinico Rossi di Verona. Questo è un vaccino esclusivamente italiano ed è un orgoglio del nostro Paese poter annoverare un vaccino esclusivamente nostro, che è avviato in un percorso che ci auguriamo possa essere positivo.
Come ultimo punto, voglio parlare solo per un istante del decreto-legge che stiamo discutendo in queste ore. Dentro questo decreto vi è una risposta all’interrogazione n. 3-01834, presentata in questa Aula dal Gruppo Fratelli d’Italia. Come sapete, i mesi del Covid-19 sono stati mesi difficili per tutte le altre patologie. Per tre mesi il Paese è stato concentrato quasi esclusivamente sul Covid-19 e le nostre strutture sanitarie, ospedaliere e non, hanno concentrato la stragrande maggioranza delle proprie energie per fronteggiare questo nemico, che è stato il nostro principale avversario. Si trattava di salvare vite e non poteva che essere così.
La conseguenza è che tutta una serie di prestazioni sono state sospese, sono state rinviate, e noi ci troviamo in una situazione in cui già avevamo un peso significativo in termini di liste di attesa e ora, purtroppo, col passare delle settimane, questo peso è diventato ancora meno sopportabile.
Ho proposto al Governo, in modo particolare al Ministro dell’economia e delle finanze, che in questo decreto si possano individuare risorse, pari a mezzo miliardo di euro, per quel piano straordinario, che veniva richiesto nell’interrogazione di Fratelli d’Italia e che ritengo sia molto utile e importante: mezzo miliardo di euro perché il nostro Servizio sanitario nazionale possa, nei prossimi mesi, recuperare le visite mediche, gli screening, gli interventi chirurgici e le prestazioni diagnostiche, che in queste settimane di Covid-19 non siamo riusciti purtroppo ad affrontare.
Credo che anche questa sia una notizia positiva, che va nella direzione giusta e che testimonia l’impegno del Governo e del Parlamento in questa situazione.
Informativa al Senato sul Covid-19
