Intervento in Direzione nazionale: “Il Pd o cambia rotta o muore”

Non sono e non sono stati giorni facili. Per nessuno qui dentro. Anche dietro le posizioni diverse che abbiamo espresso. Ma c’è un segnale profondo, radicale che riguarda tutti, a cui è impossibile sottrarsi. Dopo le regionali e ancor di più dopo le amministrative abbiamo messo la testa sotto la sabbia. Si è fatto finta di non vedere che qualcosa si stava muovendo nel profondo della nostra società. Tanta rabbia, disagio, inquietudine a cui abbiamo risposto con un racconto di un’Italia felix che appariva vero solo accendendo la televisione, ma si scioglieva come neve al sole nella vita reale di migliaia di persone. Gli ultimi dati istat sono impietosi e possono essere la chiave per leggere quello che sta accadendo. Il 28,7 % delle famiglie è a rischio povertà. Il 45% nel mezzogiorno dove vi è stata in questi mesi una stucchevole retorica senza fondamento attorno a nuova centralità del sud. Poi ci si meraviglia dei risultati del mezzogiorno. In italia 17 milioni di persone vivono in famiglie a rischio povertà. Questa ė la realtà. E la realtà è sempre più forte della comunicazione.

È da qui dovremmo ripartire. Dalla vita delle persone, dai più deboli, da chi si sente fuori dal sistema. E invece troppo spesso siamo apparsi quelli che stanno dalla parte di chi è già dentro. Gli amici di Marchionne e di Briatore. Incompresi e osteggiati soprattutto dalla generazione più giovane che è il vero epicentro della rottura tra politica e cittadini. Così la sinistra non ha senso. Così noi non siamo più noi stessi. E il Pd semplicemente muore.

La partecipazione di 32 milioni di italiani ci consegna un messaggio fortissimo. E il messaggio è che così non va proprio. Il populismo esiste ed è forte in tutto l’occidente. Si alimenta delle diseguaglianze e delle paure. Delle ingiustizie e delle insicurezze a cui la politica tradizionale non riesce a dare risposte adeguate. Eppure in Austria domenica è finita diversamente da come tutti temevamo. Quindi non è imbattibile. Ma bisogna avere la forza di capire e di cambiare. Con umiltà. E senza avventure. Dobbiamo riconoscere i nostri errori e cambiare rotta. Radicalmente. Deve farlo il Pd con il coraggio che finora è mancato.

Dopo una personalizzazione sconsiderata di questo referendum che è stato di fatto trasformato in un plebiscito sul capo del governo e dopo una campagna elettorale terribile in cui il Pd ha assecondato le peggiori pulsioni anti politiche del Paese, penso ai manifesti su meno politici di cui mi sono sinceramente vergognato, hai scelto di dimetterti da Premier. Dinanzi ad un esito così eclatante, non si può che rispettare la tua decisione.

Ora nasce un nuovo governo. Il Presidente Mattarella ha indicato in un dirigente del pd quale è Paolo Gentiloni la figura del prossimo premier. Il Pd non può che essere tutto responsabile. Con 400 parlamentari tocca a noi dare stabilità al Paese e accompagnare il percorso che ha indicato il Presidente della Repubblica. Lo abbiamo detto subito. Il Paese prima di tutto. Questa è e resta la nostra linea.
Non si può però eludere il messaggio di fondo che ci è arrivato il 4 dicembre. È un messaggio che chiede una fortissima discontinuità. Una capacità di comprendere ciò che è accaduto ed avere l’umiltà di ripartire con uno spirito diverso. Sinceramente non credo che questo stia avvenendo. Vedo troppa continuità. È ancora troppa arroganza. Non ci porta lontano la sicurezza di chi crede di avere in tasca il 40 per cento. È un illusione sbagliata e pericolosa che sembra quasi una sfida agli oltre 19 milioni di italiani che hanno votato no. Quasi come a dirgli: avete sbagliato a votare. Ora vi faccio vedere io.
E sembra questo lo stesso spirito che anima l’annuncio del congresso. Una resa dei conti per un secondo plebiscito rivincita da parte del capo irritato per l’esito del referendum. Un congresso serve eccome. Ma vero, sulla nostra idea di Paese, sul ruolo del Pd in questo tempo. Un congresso che ci faccia confrontare sul serio e che ci rimetta in sintonia con il mondo fuori di noi. Ad esempio con quella buona parte del Pd che si sente purtroppo fuori dal Pd. Un congresso sulla nostra collocazione politica. Sul dove vogliamo portare l’Italia. Su qual’è il progetto da mettere in campo. Per me la priorità è ricostruire il centrosinistra. Cosa vogliamo fare. Con chi. Solo un congresso può sciogliere questi nodi strategici. Un congresso. Non un votificio di una domenica mattina. Serve una discussione vera e profonda. Serve scegliere la leadership certo. Ma non è solo questo. È molto di più.

Il nuovo governo nel suo impegno può aiutarci. Deve sostenere rispettosamente il lavoro parlamentare per una nuova legge elettorale che superi le storture dell’Italicum e che offra un equilibrio vero tra rappresentanza e governabilità. E poi credo sia indispensabile dare subito il segno di una svolta sociale. Il segno che abbiamo capito. Dobbiamo provare a Recuperare il nostro elettorato popolare e di sinistra. È appeso ad un filo, provato da troppe scelte non comprese, scuola, voucher, tassa sulla casa tolta anche ai miliardari.

Abbiamo perso in questi anni una parte del nostro popolo. Un’altra ancora rischia di andar via se non cambiamo. Una parte consistente della nostra gente, come ci dicono tutti gli istituti di ricerca e da ultimo l’istituto Cattaneo, ha scelto il no. Si può far finta di non vedere, ma questa è la verità. Nel pd c’è stato chi ha scelto di rappresentarli. Questo oggi può aiutare il Pd a non chiudersi in se stesso. Ad evitare il suicidio di immaginare che la coalizione del si al referendum sia trasformabile in nuovo soggetto politico. Le prossime elezioni non si vinceranno senza convincere a star con noi almeno una parte di chi ha votato no. Questo dovrebbe dirlo il segretario del Pd. Oppure deve avere il coraggio di dirci con chiarezza il contrario. Senza nascondersi dietro gli insulti organizzati su internet o le manifestazioni promosse davanti al nazareno. Cioè che non c’è più spazio nel Pd per chi ha votato no. Ti dico sin da ora che puoi disporre del mio seggio tranquillamente. Credo di averlo già dimostrato in altri passaggi. Quello che invece non puoi fare, lo dico per me ma anche per tanti altri, è pretendere che si rinunci alle proprie idee. Perché così questo non sarebbe più il Pd.