Bologna 14 marzo 2015 – Relazione di Roberto Speranza
La riunione di oggi è molto importante perché ci permette di alzare lo sguardo e di pensare al futuro. Al percorso che vogliamo costruire e ragionare del nostro paese, dell’Europa, e del ruolo del Pd in questo tempo nuovo nel quale siamo chiamati a esprimere la nostra azione e la nostra iniziativa politica. Mi piace essere a Bologna. Grazie al sindaco, al mio amico Francesco Critelli, segretario provinciale. Bologna è una città decisiva, fondamentale per la sinistra italiana.
Vorrei cominciare da qui: oggi qualcosa si muove. Quelli che abbiamo lasciato alle spalle sono stati anni durissimi, eppure adesso, finalmente, vediamo segnali in controtendenza, in Italia come in Europa. Voglio riconoscere al capo della Bce Mario Draghi di aver svolto un’iniziativa significativa anche contro un pezzo di establishment europeo e di essere riuscito a segnare un cambio di marcia e di direzione. L’Europa è ancora attraversata da pesanti contraddizioni: c’è il caso greco che deve assolutamente farci riflettere, ma non possiamo non vedere significativi segnali di cambiamento e io ritengo che dobbiamo partire da qui in una riflessione che riguarda noi, le nostre storie, il nostro futuro. Capire il ruolo del Pd oggi, significa leggere prima di tutto cosa sono stati questi 7 anni; 7 anni di crisi economica drammatica che hanno diviso l’Italia, che hanno messo in ginocchio le nostre famiglie, che hanno messo in difficoltà il nostro sistema di imprese. Alcuni numeri, drammatici: meno 25% di produzione industriale; produzione industriale tornata ai livelli del 1990; raddoppio della disoccupazione e crollo dei consumi con le famiglie in grande difficoltà; significativo aumento della povertà.
Parto da qui perché ritengo che il sistema politico italiano dopo 7 anni di crisi sia esattamente frutto di questa inquietudine profonda che c’è ancora tra gli italiani. Cosa è oggi il sistema politico italiano fuori dal Pd? Questi 7 anni di crisi che cosa ci hanno lasciato, oltre al partito democratico? Ci hanno lasciato il Movimento 5 stelle e la sua carica antisistema, l’impossibilità costante di scongelare quella spinta al cambiamento che pure tanti cittadini hanno voluto dare votando il Movimento di Grillo; e poi la Lega di Salvini, con quella piazza inquietante di Roma, con le croci celtiche e addirittura il manifesto di Benito Mussolini. Proprio ieri Salvini ha detto parole inaccettabili; ha detto che l’antifascismo è una roba da libri di storia, e io , da qui, a pochi chilometri da Marzabotto, vorrei dire: “No, non è così, l‘antifascismo è un valore fondante della nostra Costituzione”. Ma Salvini ha oggi un peso nel panorama politico italiano, come un peso continua ad averlo Berlusconi, e l’assoluzione degli ultimi giorni certo non cancella la condanna precedente e certo non può far dimenticare un giudizio politico che in Italia e in Europa è assolutamente chiaro su quello che sono stati gli anni di Berlusconi. Guardate, questa è la fotografia del sistema politico di oggi fuori dal Pd, se guardi per un istante fuori dal Pd queste sono le forze con cui dobbiamo confrontarci. Ed io ritengo che da qui dobbiamo partire. La riflessione e la discussione fra di noi e sul ruolo del Partito democratico non può che partire da qui, da questa inquietante fotografia: Grillo, Salvini, Berlusconi. E permettetemi, e lo dico con franchezza, la soluzione a questo sistema politico non può essere una nuova sinistra antagonista che nasce dalle urla televisive di Landini. La soluzione, dal mio punto di vista, deve, e può essere, quella di avere più sinistra nel Partito democratico e avere più sinistra nella nostra azione di governo. All’indomani delle elezioni europee si è aperta una discussione attorno ad una espressione adoperata da Alfredo Reichlin per descrivere il nostro partito: “Partito della nazione” . Abbiamo a lungo discusso tra di noi che significa partito della nazione? Non tutti con la stessa idea. Ora, se la fotografia che vi ho fatto è giusta, se il sistema politico italiano, dopo 7 anni gravi, tremendi di crisi economica ci consegna lo scenario che vi ho descritto, allora è del tutto evidente che Partito della nazione per me significa soprattutto una cosa e cioè che c’è una coincidenza di destino tra la capacità del Pd di essere all’altezza delle sfide che ha difronte a se e la tenuta del paese. Non sto dicendo una cosa banale, e nemmeno una cosa a cuor leggero, sto dicendo una cosa molto, molto pesante quando facciamo coincidere il destino di una Nazione, cioè dell’Italia, e quella di un partito politico. Ebbene, l’Italia ce la fa, solo se questa grande comunità di donne e di uomini è in condizioni di vincere la sfida che ha di fronte a se. Partito della nazione non può essere semplicemente un partito senza profilo e cultura politica, un partito che guarda indifferentemente a ceti sociali e realtà territoriali. Il partito della nazione deve essere invece il partito che rappresenta il socialismo europeo e il campo democratico in Italia, con i suoi valori, con le sue radici e che si fa carico – a partire da questi valori forti – della nostra storia nazionale. Oggi il Pd è di fronte a questa sfida. E guardate: non può essere la sfida di uno solo, guai se fosse la sfida di uno solo, è la sfida di tutti ed è una sfida che possiamo vincere soltanto se il campo dei riformisti saprà essere realmente protagonista. Permettetemi di dirlo subito, senza tentennamenti, con tutta la forza possibile nell’apertura di questa riunione: proprio per il carico di responsabilità che c’è sulle spalle del Partito democratico io ritengo che dobbiamo togliere subito dal campo ogni ambiguità. La parola scissione non esiste, non fa parte del vocabolario del Partito democratico.
Voglio subito mettere i piedi nel piatto, per favorire una discussione, franca, libera, vera, tra di noi nella giornata di oggi. Le riforme sono fondamentali, sono un tratto della sfida che il Pd deve vincere per provare ad affermare la buona politica in questo Paese e dentro quel sistema complicato che provavo semplicemente a raccontarvi. Noi le riforme vogliamo farle, ne siamo convinti, in questa sala vogliamo farle tutti, lo abbiamo dimostrato con totale lealtà anche negli ultimi passaggi, ma le riforme vogliamo farle bene. In queste ore stiamo chiedendo che si riapra una discussione sulla legge elettorale. Dopo la rottura del “patto del Nazareno” si possono creare condizioni politiche nuove. Io ritengo che il testo sia migliorabile rispetto a quello uscito dal Senato, e che si possa ricucire lo strappo che c’è stato a Palazzo Madama, dove il Pd si è diviso sui capilista bloccati. Insomma: sul numero dei nominati. I parlamentari nominati sono stati uno degli elementi che ha allargato la distanza tra politica e cittadini. Non è una questione tecnica, non è una questione di modello elettorale, è una grande questione politica che attiene alla nostra concezione della democrazia. Il Senato elettivo o non elettivo poteva essere una scelta, noi abbiamo fatto quella del Senato non elettivo con un modello abbastanza particolare, ma anche grandi paesi come la Germania e la Francia, pur con modelli diversi, hanno scelto un Senato non elettivo, ma ad un Senato non elettivo deve corrispondere una Camera scelta dai cittadini, non può corrispondere una Camera scelta prevalentemente dalle segreterie nazionali dei partiti. Io ho avuto modo di confrontarmi con il nostro premier-segretario Matteo Renzi. Ebbene, in queste nostre interlocuizioni non ho percepito la volontà di un muro contro muro su questo tema – e voglio dirlo con forza oggi in questa assemblea- io ritengo che siano inaccettabili blindature sulla legge elettorale, così come non sono utili minacce di scissione che mi sembrano totalmente errate. Serve la capacità della politica, serve oggi più che mai una mossa forte, coraggiosa, del leader del partito democratico che ha la possibilità concreta di poter riunire il Pd e di portarci, tutti insieme, ad approvare una legge elettorale migliore. E poi certo, serve l’autonomia e la condivisione dei gruppi parlamentari. E io lo chiedo da qui, convochiamoli insieme, il gruppo della Camera e il gruppo del Senato, perché ogni modifica che faremo alla Camera abbia una garanzia vera di tenuta al Senato. Io scommetto che si può fare. Parlo con i deputati, parlo con i nostri senatori, nessuno vuol far saltare il banco, nessuno ha in testa di votare con il Consultellum, si vuole solo costruire una legge migliore e io sono convinto che se sapremo trovare una nuova sintesi, come mi auguro, il percorso delle riforme sarà più forte, sarà più in grado di intercettare quella domanda di cambiamento che c’è nel paese e che ciascuno di noi sente sulle proprie spalle.
Quando si è avviata, circa un anno, fa l’esperienza di “Area riformista” abbiamo scelto due parole chiave: autonomia e responsabilità. Per me queste due parole hanno ancora senso e restano le parole guida. Autonomia e responsabilità significa stare fino in fondo dentro la sfida del Partito democratico. Stare fino in fondo dentro la sfida di questo governo, ma con la nostra autonomia e con il nostro punto di vista. In questi mesi abbiamo visto i renziani della prima, della seconda, della terza, fino alla decima ora e abbiamo rispetto per le scelte che in tanti hanno fatto. Noi abbiamo scelto un’altra strada. La rivendichiamo, senza pregiudizi, ma nella convinzione che nel Partito democratico non serva il pensiero unico e non servano i signor sì. Dentro di noi è forte la cultura di governo. Io ho grande piacere di vedere qui in prima fila Vasco Errani che di cultura di governo ne sa qualcosa e ogni volta che penso all’Emilia Romagna penso ad un modello di cui tutti dobbiamo essere assolutamente orgogliosi. Ecco: noi sappiamo e vogliamo dire dei Sì! Ed è la cosa che ci piace di più, perché la sinistra di governo non è quella a cui piace essere residuale, marginale. La sinistra di governo è quella a cui piace mettere le mani nelle cose per cambiare la realtà che ci circonda, e noi siamo tra quelli che non sono abituatati a dire sempre no, così come non sono abituati a dire sempre sì. Anche qui, permettetemi di dirlo con tutta la chiarezza possibile: decidiamo di dire sì o decidiamo di dire no sulla base delle idee, mai, neanche per un istante, sulla base delle poltrone che occupiamo o sulla base dei posti che aspettiamo, mai! Questo è inaccettabile: i posti sono sempre tutti a disposizione, le idee vengono prima. Certo, il nostro spazio, lo spazio politico di chi non ha pregiudizi e di chi quindi non vuol essere né signor sì, né signor no, è uno spazio politico non facile, ma io ritengo che sia l’unico spazio politico possibile a partire dal quale sarà possibile costruire un’alternativa dentro il PD. Un’alternativa dentro il partito democratico, perché è a questo che noi guardiamo ed è questo che vogliamo costruire. Il 21 di marzo, tra una settimana, saremo a Roma, in una grande, importante iniziativa nazionale. Ci saremo perché riteniamo che tutti insieme, in un campo largo, dobbiamo saper affermare che la sinistra nel Pd è indispensabile. Io ci sarò, come ci sarà tutta Area riformista, e ci saremo con convinzione e senza paura, partendo dal presupposto che proprio in un campo largo è più facile far prevalere un punto di vista più compiutamente riformista. Andremo a dire come la pensiamo, che l’alternativa nel Pd si costruisce esattamente con un profilo riformista e non con una stretta identitaria che sinceramente non ci porterebbe da nessuna parte. Abbiamo molte idee forti che vogliamo mettere in campo, con le quali vogliamo aprire un dibattito nel Partito democratico. Per motivi di brevità starò su 3 grandi questioni che ritengo fondamentali per caratterizzare la nostra iniziativa politica nei prossimi mesi.
1): attenzione alle fasce sociali più deboli. Una società che aiuta i più deboli non è solo più solidale, è anche più competitiva. Siamo rimasti quasi solo noi in Europa a non avere una misura nazionale, universale di contrasto alla povertà che renda possibile a tutte le persone di accedere ad uno standard minimo di benessere. E questo oggi non più accettabile. Abbiamo fatto alcune operazioni espansive di politica economica, da tutti noi condivise. A cominciare dagli 80€, che hanno contribuito a dare un po’ di sollievo ad un pezzo di società italiana che era in difficoltà. Bene anche la riduzione dell’IRAP sul costo lavoro, che ha dato ossigeno ad un pezzo di impresa nel nostro paese. Ma ritengo che se oggi c’è un tesoretto, se ci sono nuove risorse da destinare, queste vanno destinate a chi sta peggio, a quel pezzo di società che non ha avuto gli 80€ e su cui noi dobbiamo puntare perché lì, altrimenti, rischia di esserci l’epicentro della rottura del rapporto politica-cittadini. Ho chiesto in questi giorni a Cecilia Guerra e a Enza Bruno Bossio di affinare una proposta che presenteremo nel mese di aprile in Calabria, a Cosenza. Una proposta che partirà esattamente da questo: una misura universale di contrasto alla povertà. E vorremmo confrontarci con tutti senza pregiudizio, a cominciare dalla rete di associazioni che hanno dato vita a un cartello importante contro le povertà. Ma anche con le forze politiche, tutte le forze politiche. Non temiamo nessun tipo di confronto. Se questo è il tema e se si tratta di far bene, di dare una mano ai ceti più deboli, siamo aperti al confronto neanche con il Movimento 5 Stelle.
2) Abbiamo bisogno di una svolta sul terreno dei diritti civili. Una svolta. Basta con le mezze parole. Siamo in un ritardo clamoroso e non più sostenibile. L’Europarlamento soltanto poche ore, fa ha dato un segnale molto forte, ha indicato una strada. Io penso che dobbiamo andare avanti con coraggio. Io ho un’idea, una mia convinzione personale, sulla quale sono disponibile a confrontarmi: personalmente sono favorevole ai matrimoni gay, ma ritengo che sia corretto un confronto vero che provi a tenere insieme anche sensibilità diverse che ci sono nel Pd e più in generale nel nostro Parlamento. Ma quello che non è più sostenibile è aspettare che siano i Tar, i Tribunali amministrativi regionali, a coprire un vuoto che la politica ha lasciato. Questo non è più possibile. Abbiamo già pagato un prezzo su stepchild adoption e sulla registrazione delle nozze, ho la sensazione che siamo dinanzi ad uno di quei temi su cui la società è molto più avanti della politica. E voglio dare massimo sostegno al lavoro che in queste ore sta svolgendo Micaela Campana su questo terreno, che tra poco interverrà, e che sono convinto porterà nelle prossime settimane ad un risultato concreto di modernizzazione della nostra normativa sulla materia.
3): E’ arrivato il momento di aprire una discussione vera sul nostro sistema delle autonomie. Mi capita quasi tutti i giorni di parlare con i nostri sindaci, mi è capitato ieri sera, confrontandomi con il sindaco di Budrio, Giulio Pierini, mi capita quando giro l’Italia. Ho la sensazione che abbiamo bisogno, oggi più che mai, di un nuovo patto con i comuni e le autonomie territoriali che hanno ormai superato il limite di sostenibilità finanziaria. l’implosione di quel sistema farebbe pagare prezzi altissimi alle nostre comunità. Allora io dico: riappropriamoci, come Pd, di questo importante tema e definiamo le condizioni per costruire un nuovo patto tra Stato e autonomie territoriali.
Di proposte e idee per l’Italia ne abbiamo tante altre: penso all’introduzione di un criterio di flessibilità nel sistema pensionistico a cui stano lavorando Cesare Damiano e la nostra capogruppo in Commissione, Gnecchi; penso al lavoro che dovremo fare nei prossimi giorni nell’approvazione di provvedimenti importanti come la riforma della scuola o della Rai. Ancora penso alla giustizia, materia su cui ritengo che non sia ancora vinta quella sfida straordinaria di affermare come la lotta per la legalità non sia in contraddizione con una compiuta cultura garantista. Il garantismo è una nostra parola che dobbiamo rivendicare, non è una parola di destra! Garantismo è una parola di sinistra.
L’assemblea di oggi vuole lanciare un messaggio molto forte, il messaggio che noi ci siamo e vogliamo fare la nostra parte. Abbiamo un governo con una leadership forte, bene! Ma quella leadership da sola non basta. E’ indispensabile l’autorevolezza del Parlamento. L’ho detto a Renzi più volte: si va lontano e si cambia l’Italia solo in un rapporto sinergico e costruttivo tra Parlamento e Governo, per questo ho ritenuto un errore molto grave non aver seguito l’indicazione dei pareri delle Commissioni Lavoro sulla questione dei licenziamenti collettivi in merito al Jobs act.
Ancora: per vincere la sfida che abbiamo di fronte è fondamentale poter contare su di un partito vero. Anche su questo si sta aprendo una fase nuova di confronto tra di noi. C’è un gruppo di lavoro che sta provando a costruire una piattaforma che ci aiuti a capire che cosa deve essere e può essere un partito in un tempo nuovo come quello in cui viviamo. Ritengo che per il peso che grava sulle nostre spalle, proprio per quella responsabilità nazionale che oggi è tutta sulle spalle del Partito democratico, serve un soggetto forte e autorevole. E anche qui, con franchezza, con serenità, diciamoci come stanno le cose, diciamoci qualche verità: in giro sui territori, molto spesso, noi rischiamo di diventare semplicemente una sommatoria di comitati elettorali, questo non va bene, non è più sostenibile. E le stesse primarie, che sono state un tratto identitario e che per quanto mi riguarda sono un tratto identitario del nostro partito, non possono non essere, in qualche modo, ripensate. C’è bisogno di una riflessione seria, perché quella spinta propulsiva e di apertura rischia di esaurirsi senza una definizione di regole più credibili e di meccanismi più affidabili. Dietro l’idea di partito c’è l’idea che tu hai di democrazia. Allora va bene la proposta di una legge attuativa, applicativa dell’art. 49 della Costituzione e con essa una legge sulla rappresentanza sindacale. Ma c’è un altro punto che giudico fondamentale; l’idea che i corpi intermedi, i soggetti sociali, le associazioni, le organizzazioni di categoria, non sono un problema ma sono una risorsa, sono una ricchezza per rappresentare e governare la società complessa.
Voglio concludere dicendo che ce la possiamo fare, ce la possiamo fare insieme, ce la può fare l’Italia e ce la può fare il Partito democratico. Lo abbiamo dimostrato nei giorni bellissimi dell’elezione del Presidente della Repubblica. Non era un passaggio facile e noi siamo stati all’altezza e lo siamo stati tutti insieme, prima di tutto unendo il Pd. Anch’io voglio rivolgere da qui a Sergio Mattarella un augurio di buon lavoro e dirgli che può contare totalmente sul sostegno e sul supporto del Partito democratico. Sergio Mattarella è stata la scelta giusta, apprezzata dai cittadini che hanno capito la nostra proposta. Alle volte i cittadini sembrano distratti ma in realtà non è così e io ho avuto la percezione in quei giorni che i cittadini stessero capendo che noi stavamo facendo la scelta giusta e ritengo che con quella scelta abbiamo contribuito all’obiettivo di fondo del Partito democratico, e cioè di riavvicinare i cittadini alla politica. Bisogna proprio ripartire da lì.
L’assemblea di oggi serve prima di tutto a dire che noi ci siamo. Questa comunità, questo mondo della sinistra Pd, dei riformisti del Pd: noi siamo in campo per vincere la sfida di un partito più forte e di un paese migliore.