Matteo fermati, con Verdini e Cosentino non c’è più il Pd

Fonte: Huffington post

A un certo punto Roberto Speranza scandisce: “Devi scrivere proprio così: io sconsiglio a Matteo patti con Verdini e Cosentino”. L’ultima volta ci incontrammo nel suo studio da capogruppo alla Camera. Che era lo studio di Giorgio Napolitano, quando era capogruppo del Pci: “È la nota sentimentale che mi manca… per il resto nessun rimpianto, è la scelta che rifarei perché ne restano immutate tutte le ragioni politiche”. Ora c’è la foto di Mattarella. A proposito di Mattarella, Speranza taglia corto, a domanda sull’intercettazione di Renzi con il generale della guardia di finanza Adinolfi: “Mi limito a fare una considerazione di stile, vecchio stampo: dell’istituzione Quirinale si parla sempre con il massimo rispetto. Punto”. L’ex capogruppo è uno tosto, di scuola. Ed è difficile portarlo su argomenti che non siano quelli su cui vuole fare un ragionamento. Il chiodo fisso, in vista della assemblea di sabato, è il Pd: “Deve rimanere il partito del centrosinistra italiano, non una cosa nella quale sta dentro tutto e il suo contrario”.

Speranza, andiamo al punto: la Serracchiani dice che non c’è niente di male se a palazzo Madama una decina di senatori della destra votano le riforme. In fondo le riforme riguardano tutti…
Quello che omette nel suo ragionamento, e che i senatori pronti al soccorso hanno spiegato in molte interviste, è la motivazione del voto. È il primo atto del partito della Nazione. E, aggiungono, che daranno lo stesso sostegno ad altre riforme “liberali”, ove per liberali intendono di destra e di rottura col nostro mondo. Dunque si avvicinano non per allargare il campo, ma per separare il Pd dalla sinistra. Agevolare questo processo è miope e dannoso. E allora, occorre, anche in vista di sabato fare chiarezza.

Facciamola.
Torniamo ai fondamentali: noi, il Pd, abbiamo la grande responsabilità e la grande sfida del governo del paese. Siamo l’unico cardine possibile del governo e della tenuta stessa delle istituzioni democratiche di fronte a spinte populiste presenti in tutta Europa, e in Italia più pericolose vista la storica fragilità delle nostre istituzioni. Sarebbe importante discutere di come rafforzare questa funzione storica e invece si pensa a scorciatoie, affidando la stabilità a una nuova operazione “responsabili” con gli amici di Verdini, Cosentino e Lombardo. Siamo al dunque e mi auguro che il segretario del partito nella sua relazione di sabato rilanci sulla nostra sfida e non scelga l’opzione trasformista, dicendo: l’importante è andare avanti e non importa da dove arrivano i voti, se da destra o da sinistra. Suggerisco un’altra via.

Che significa che “siamo al dunque”?
Significa che che siamo al momento in cui va riaffermato in modo inequivocabile, “i-ne-qui-vo-ca-bile”, che noi siamo il grande partito del centrosinistra, che vuole fare dell’Italia un paese più moderno e più giusto, che parla al mondo del lavoro, alle sue disuguaglianze. Una sinistra moderna ed europea è l’opposto di un “partito pigliatutto”, modello verso il quale ci stiamo avviando, che si mette al centro del sistema politico incarnando un disegno di potere e per questo diventa una calamita per tutti, in nome di una governabilità senza aggettivi. Ecco la differenza tra partito riformista e partito pigliatutto è la differenza tra partito del cambiamento e partito del potere.

Giro l’obiezione di Renzi: se però voi sulle riforme non votate, non è che si possono fermare. Allora i voti di Verdini sono una necessità
Non è così. Il titolo del documento della sinistra Pd è che le riforme devono andare avanti. Sarebbe gravissimo se questo percorso si interrompesse e si immaginasse di tornare al voto col Senato così come è oggi. Sarebbe un fallimento politico, per tutti noi. E l’obiettivo di superare il bicameralismo perfetto è prioritario per tutto il Pd. Il problema però è che abbiamo approvato una legge elettorale con alla Camera neanche tutti i voti della maggioranza che produce una Camera dominata da una sola lista (nella quale spero di non ritrovarmi Verdini!!!) e fatta prevalentemente di nominati. È chiaro che con una Camera così è indispensabile un Senato delle autonomie con significativi poteri di garanzia e controllo e quindi scelto dai cittadini. Lo vedi che siamo sempre allo stesso punto di fondo, politico e culturale?

Sarebbe?
Io dico: più equilibrio e più democrazia, più ascolto dei cittadini. Ed è una posizione propria di un partito riformista, non di un gufo o di uno che vuole frenatore. Il Pd può e deve governare l’Italia unendola e non dividendola. Ha senso riformare la scuola contro larga parte del mondo degli insegnanti e degli studenti? A chi giova delegittimare i corpi intermedi o le grandi organizzazioni del mondo del lavoro? Mi chiedo: con questo atteggiamento non rischiamo di fare il gioco della destra segando il ramo su cui siamo seduti?

Un inciso del suo ragionamento mi ha colpito: non vorrei trovare Verdini nella mia lista.
Proprio no.

A quel punto?
A quel punto non sarebbe più il Pd. È inutile girarci attorno: la differenza tra la destra e la sinistra esiste, e sarebbe incomprensibile per il nostro popolo vedere che il segretario del Pd persegue la rottura a sinistra per imbarcare i pezzi più discutibili del mondo berlusconiano. E non sto facendo dietrologie. In questi giorni abbiamo letto interviste in cui annunciavano il sostegno a quello che chiamano il “partito della Nazione di Renzi” una serie di senatori vicini a Nicola Cosentino, Denis Verdini e Raffaele Lombardo. Francamente….

Uno sta in galera, l’altro ha una serie infinita di processi anche con accuse gravi come la bancarotta, l’altro pure ha guai giudiziari seri…
Prima ancora di questo, e non è poco, si tratta di ceto politico di destra. Domando sommessamente: che idea di Europa hanno? Che idea di lavoro? Che idea di società? Alcuni di loro rappresentano il Mezzogiorno migliore o quello peggiore? È davvero possibile pensare di cambiare l’Italia con loro? Io penso che con loro si passa dalcambiamo verso all’indietro tutta. Voglio pensare che Renzi non commetterà l’errore di affidarsi ai voti della destra, perché significherebbe scardinare il Pd e gettare paese e governo nell’incertezza e nell’instabilità. Noi stiamo e resteremo convintamente nel Pd per valori e ideali profondi. Non so se si può dire lo stesso degli amici di Verdini e Cosentino.

Voi resterete ma il Pd perde pezzi. Civati, Fassina…
Noi restiamo per evitare una deriva sbagliata e perché il nostro partito è un partito sano, che vive di passioni democratiche e civili. Vengo da un giro per le feste dell’Unità: il nostro popolo ci dice “difendeteci ancora”, “difendete il progetto originario del Pd”. Ed è orgoglioso delle nostre storie delle nostre culture politiche: quella della sinistra italiana e del cattolicesimo democratico, la sintesi che ha saputo rappresentare l’Ulivo. Per si deve ricominciare proprio da lì.

Te la metto giù dura. Anche autorevoli “vecchi” come Reichlin e Macaluso vi dicono: vabbè sulle riforme date battaglia, ma sul resto voi della minoranza siete timidi. Non si capisce la vostra idea di paese.
Accetto la critica anche perché ho molto rispetto dei personaggi più autorevoli della nostra storia. E condivido che la sfida vera del Pd sia proprio quella di riscostruire una visione dell’Italia, dentro un’Europa mai così debole ma al tempo stesso mai così indispensabile.