Intervsita a la Gazzetta del Mezzogiorno, di Michele Cozzi.
Roberto Speranza, lucano, candidato alla segreteria nazionale del Pd: si sta avviando la stagione congressuale. Ma finora sembra esterna la discussione sullo stato del Paese. Che ne pensa?
“Infatti. Credo che il primo messaggio è porre in primo piano il Paese. Se no rischiamo di dare l’impressione di essere guidati da interessi personali e pulsioni di parte. Invece il tratto identitario del Pd è sempre stato il senso di responsabilità. E vorrei che il dibattito in Direzione si concentrasse sulle priorità”.
E la sorte del governo ?
“Il governo c’è, ha una larga maggioranza ed è giusto che vada avanti col suo lavoro”.
Fino al termine della legislatura ?
“Va avanti se è in condizione di operare. Ci sono alcune emergenze, dal terremoto, alla lotta alla povertà, dalla crisi del sistema bancario a scuola, lavoro. La questione non è quanto dura il governo, ma cosa riesce a fare. E se fa cose utili perché dobbiamo essere noi a staccare la spina?”.
Il suo giudizio è positivo sui primi mesi del governo Gentiloni?
“È un po’ prematuro dare un giudizio, ma vedo una nuova interlocuzione con insegnanti e studenti, la volontà di porre al centro il contrasto alla povertà è un nuovo approccio al tema dell’immigrazione. Nella discussione di lunedì partiamo dal Paese. Se non siamo il partito della responsabilità rischiamo di diventare il partito dell’avventura”.
Lunedì auspica che Renzi dia le dimissioni dalla segreteria?
“Chiedo che il Pd possa fare una discussione vera e profonda. E possa aprire una fase per rigenerare il proprio bagaglio politico e culturale nel tempo nuovo che stiamo vivendo. Non si può ridurre tutto al destino di Renzi”.
Sì, ma Renzi si dovrebbe dimettere?
“Non è questo il punto. Non rispondo alla personalizzazione con una personalizzazione opposta. Il problema è la linea politica. Il Pd deve uscire dalla fase in cui tutto dipende dal destino di un singolo individuo”.
Parliamo del congresso. I renziani vorrebbero accorciare i tempi. Qual è la vostra linea?
“La nostra posizione è chiarissima. Avevo chiesto il congresso già a febbraio 2016. A giugno il congresso parte formalmente. Non è una concessione di qualcuno. Disponibilissimo, ma intendiamoci su come farlo”.
In che senso?
“Non può essere un votificio o solo una kermesse per legittimare una leadership. Ma deve essere l’occasione per ricostruire una tensione con pezzi del nostro popolo che stiamo perdendo. Ormai al congresso ci siamo”.
Lei, Emiliano e Rossi. Non sono un po’ troppi gli anti-Renzi?
“Fino a un anno fa abbiamo assistono a varie ondate di renziani. Spesso mi sono trovato con pochi altri a fare battaglia in Parlamento. Il dato che oggi ci sia una pluralità di voci è un passo in avanti significativo”.
Ma quali differenze ci sono tra la sua proposta e quelle di Emiliano e Rossi?
“Mi piace vedere le vicinanza della mia proposta rispetto a quella di Rossi e Emiliano rispetto allo spartito di Renzi. Rivendico di avere fatto la battaglia quasi da solo in questi anni, ma è positivo se oggi il campo si allarga. Voglio aggiungere un altro concetto”.
Prego.
“Per me il congresso non è il gioco delle figurine. Ma l’occasione per far emerge una vera alternativa politica e culturale. Questi anni hanno segnato una eccessiva continuità con la lettura troppo ottimista che la sinistra europea ha dato della globalizzazione. Questa linea va rivisitata, perché la globalizzazione, oltre ai benefici, ha prodotto tanti sconfitti e emarginati”.
Premio di maggioranza alla lista o alla coalizione?
“Se vogliamo costruire il centrosinistra è più facile farlo con un modello-coalizione. Ma la schizofrenia su questo tema denota che dobbiamo chiaririci. Se c’è la coalizione bisognerà fare le primarie per scegliere il candidato premier”.
Ma con il ritorno al proporzionale a che servono le primarie?
“Siamo passati dal modello più maggioritario del mondo al proporzionalismo puro ma resta il premio al 40. Il Pd faccia la sua battaglia in Parlamento, mettendo in equilibrio rappresentanza e governabilità”.
Ma ci sono i numeri?
“Si discuta partendo da due principi: equilibrio tra rappresentanza e governabilità e no ai capilista bloccati. Basta con un Parlamento di nominati”.
Cosa pensa dell’ipotesi per garantire la governabilità nella prossima legislatura di un accordo tra Pd e Forza Italia?
“Sarebbe uno scenario da incubo. La sinistra deve riaffermare il suo ruolo, in caso contrario finirà per consegnare il popolo ai populisti”.
Il rischio scissione c’è ancora ?
“Intanto una parte del nostro popolo si sente già lontana dal Pd. La questione è se riusciamo a recuperarla al nostro progetto. Se non ci riusciremo, la scissione sarà già avvenuta”.
E di D’Alema che dice?
“Nella vicenda referendaria D’Alema è riuscito a rappresentare un sentiment diffuso del nostro elettorato”.
C’è spazio a sinistra del Pd?
“Lavoro affinché la sinistra prevalga all’interno del Pd”.
Molti voti di sinistra sono approdati al M5S. Se quel partito non collassa non sarà semplice andare a riprenderli. Che dice?
“Per una persona di sinistra non è facile stare in quel Movimento. La mia sfida è rendere il Pd un po’ più casa loro. Per questo serve una rifondazione del Pd”.
Bersani inseguì i grillini e fu maltrattato. Ora ci prova Emiliano. Lei invece cosa farebbe?
“Sui singoli provvedimenti non so perché non si possa collaborate. Penso a una misura di contrasto alla povertà”.
Ma un’alleanza strategica si può fare?
“Ci sono differenze enormi tra noi e il M5S. Ma questo non può significare che due forze politiche, le prime due del Paese, stiano ogni giorno ad insultarsi reciprocamente”.