Renzi vi concede il congresso, ma nel Pd si litiga su CasaPound. Altro che tregua, Roberto Speranza.
«Intanto non parlerei di tregua, che è gergo di guerra. Noi siamo il Pd, gli unici a fare una discussione vera. Evocare Casa Pound tra noi, come ha fatto Maria Elena, non è utile, né positivo. Parlare di codice di Hammurabi, come ha fatto Matteo, è un errore. Hanno sbagliato, bisogna rispettare chi non è d’accordo con il sì al referendum. Non credo che l’Anpi o undici presidenti emeriti della Consulta siano paragonabili a CasaPound…».
Comunque il premier ha accettato la vostra richiesta di anticipare il congresso: soddisfatto?
«Per primo l’ho chiesto un mese e mezzo fa. E sa perché? Si era verificato un fatto politico enorme, cioé la prima fiducia al governo Renzi di Verdini e company, i peggiori residui del berlusconismo. Mi sembrava chiaro che si volesse portare il Pd verso il partito della Nazione, una decisione che può prendere solo il congresso. I militanti, spaesati, si domandano se il Pd va verso la ricostruzione del centrosinistra o sceglie un’operazione neocentrista. Così faremo chiarezza».
Lei si candiderà per sfidare il segretario?
«Io voglio costruire un’alternativa a Renzi, dentro il Pd. I tempi sono maturi. Però voglio che si parta dalle idee, non dal nome».
Non esclude di candidarsi, dunque?
«Tutti sanno che lavoro per costruire un’alternativa. Ora pensiamo ai temi: vogliamo un Pd che lotti contro le diseguaglianze o un partito che toglie la tassa sulla casa ai miliardari?».
L’ultima volta avete perso contro un quarantenne, stavolta presenterete un under 40?
«L’anagrafe non è tutto, ma è chiaro che non si torna indietro. Nessuno pensi che possa andare in scena una riedizione o una rivincita del passato, questa è una nuova sfida».
Quando si terrà quest’assise?
«Tra fine 2016 e inizio 2017 penso che sia il periodo giusto. L’importante comunque è che si svolga prima delle Politiche».
Intanto incombono le amministrative.
«Non è accettabile sottovalutare questo passaggio. Io sto girando l’Italia, dobbiamo lavorare per il miglior risultato. Se mandiamo un messaggio unitario siamo sicuramente più forti».
Renzi propone di affiancare alla campagna elettorale una mobilitazione per il referendum. Lei firmerà ai banchetti del Pd?
«Io del referendum non parlo fino al giorno dei ballottaggi. Sarebbe meglio lasciare fuori dalle Comunali questi banchetti, perché c’è una parte della nostra gente che voterà per i nostri candidati, ma sceglierà il “no” al referendum».
Con il “no” rischia il governo, e voi non assicurate il sostegno alla consultazione?
«Intanto ricordo che in Parlamento abbiamo votato in modo sostanzialmente unitario la riforma. Però è legittimo che anche nel Pd ci siano persone che rivendichino di votare no. Per vincere le amministrative serve anche il loro voto».
Se il Pd non vince a Roma, Milano e Napoli cade l’esecutivo?
«È un voto comunale, non è che il giorno dopo ne risponde il governo. Però ci dirà dello stato di salute del Pd. Questo è anche un voto politico, pensi che nel centrodestra le comunali di Roma assomigliano alle primarie per la premiership…»
Se le amministrative sono un test sul governo e voi non garantite il sì al referendum, allora vuol dire che volete votare nel 2017?
«Renzi ripete che la sua scadenza è il 2018, non ho motivo per non credergli. Noi viviamo un passaggio alla volta».