Testo Relazione.
Noi siamo una comunità e credo che lo abbiamo dimostrato in questi due giorni, bellissimi, importanti, di approfondimento che sono un pezzo di un percorso che abbiamo scelto di fare insieme. E quindi ringrazio ciascuno di voi. So che cosa significa partire da lontano, venire qui, affrontare i costi, con un’idea politica e con l’idea di provare a dare un contributo a costruire una nuova sinistra e un Paese migliore. Credo che questi due giorni ci fanno tornare a casa con una spinta positiva perché il lavoro svolto è stato importante e penso ci aiuti in qualche modo a disegnare un orizzonte.
Io proverò in questo mio intervento a dire come la penso sulle grandi questioni che abbiamo toccato, ma anche sulle scadenze che verranno da qui a poco. Credo che in questo percorso di ricostruzione serva metterci forza, visione, determinazione, passione.
Studio è una parola bella che dobbiamo provare a riscoprire. Fa piacere che sia emersa spesso nella discussione di oggi. Ma serve una premessa fondamentale.
Una forza politica esiste se ha un pensiero, una forza politica esiste se ha una visione della società. Se non c’è questo, guardate, non c’è nessuno sforzo che può provare a salvarci; e io penso che la nostra forza sia proprio avere un pensiero, avere un punto di vista, avere delle parole d’ordine che fanno un’identità politica. Abbiamo riscoperto in questi due giorni, ma non solo, il sedici dicembre e il percorso anche territoriale che ci ha accompagnato fin qui, il significato di parole che pesano, di parole che non sono banali, perché in politica le parole pesano e quando noi diciamo eco-socialismo indichiamo un’idea di società, indichiamo un modello valoriale fondamentale. Indica anche come noi vogliamo cambiare questo Paese che idea abbiamo dei rapporti di forza tra Stato e mercato. E ciò significa soprattutto che bisogna chiudere definitivamente la stagione della sinistra subalterna al neoliberismo. Questo è il punto di partenza: chiudere una stagione in cui la sinistra ha smarrito se stessa. Se si pensa al voto in America, in Brasile, in Germania, in Francia o in Andalusia è questa la trama della storia che ci riguarda. La nostra gente, il nostro popolo, ha iniziato a farsi difendere da una nuova destra della protezione perché la sinistra non stava dove doveva stare.
Questo è il punto di partenza, la base del lavoro che dobbiamo fare. Voglio quindi partire dalla bella e importante manifestazione del nove di febbraio scorso, perché credo che quella manifestazione ci indichi la strada. Ci indichi anche quali siano le questioni centrali da cui ripartire. Costruire un’alternativa in Italia, che resta il nostro obiettivo vero, una nuova grande alternativa solida in questo Paese si potrà costruire solo con una grande base sociale nuova. Ecco perché voglio partire dal nove di febbraio. Perché penso che, finalmente, dopo la drammatica sconfitta del quattro marzo e dopo le macerie incredibili in cui tutti quanti siamo finiti, ho rivisto una base sociale. Non è un dettaglio perché credo che l’errore più grande della stagione dell’ultimo centrosinistra è stato esattamente calpestare questa base sociale. Lo dico con tutta la nettezza possibile. Aver umiliato le rappresentanze del lavoro ha tagliato il ramo su cui eravamo seduti. Va voltata pagina definitivamente, va archiviata definitivamente una stagione politica, rimettendo al centro il lavoro come questione fondamentale. Lavoro, lavoro, lavoro come questione fondamentale per la ricostruzione, questa è la premessa per costruire la nuova forza politica che abbiamo in testa. Non per nulla si chiama Articolo Uno. Significa il lavoro prima di tutto e proprio per questo giudico importante che la CGIL, il più grande sindacato del Paese, abbia saputo trovare una sintesi unitaria al suo interno. E anche io voglio augurare, a nome di tutti noi, buon lavoro al nuovo segretario Maurizio Landini, a Vincenzo Colla e a tutto quel gruppo dirigente. Credo che il loro lavoro sarà quanto mai prezioso e spero che la strada dell’unità sindacale, che abbiamo visto nel passaggio del nove di febbraio, sia la strada su cui proseguire il nostro cammino. Il lavoro vuol dire il Paese reale, la vita concreta delle persone; perché è lì che si è rotto il rapporto tra sinistra e popolo.
Nel dibattito pubblico di questo Paese non posso non notare qualcosa di incredibile. Il Paese sembra stare con la testa da un’altra parte. Provo ad essere più chiaro: due trimestri col segno meno del PIL, prospettive cupe per la crescita nel 2019, un calo drammatico della produzione industriale, in modo particolare dell’industria dell’auto, che conta e pesa nella storia industriale di questo Paese. Una decelerazione preoccupante dell’export e una riduzione della fiducia sia nell’impresa che nei consumatori. E’ evidente che di fronte a una fotografia del genere le misure del governo sono solo palliativi che però non risolvono il problema di fondo. Eppure di fronte a questa fotografia, di fronte a questa Italia, il paese appare immerso, direi quasi imprigionato in un dibattito parallelo in cui si parla sostanzialmente d’ altro. Abbiamo passato quasi tutto il mese di gennaio e l’ inizio di febbraio con l’ opinione pubblica italiana sequestrata attorno a due vicende specifiche che riguardavano prima la Sea Watch, poi la Sea eye. Sia chiaro, non voglio creare nessun fraintendimento, sono vicende scandalose, inaccettabili, che calpestano i principi fondamentali della nostra Costituzione e dei maggiori accordi internazionali. E noi ci opponiamo a quel modo di fare con ogni forza e con ogni energia. Si tratta della meschinità del ricatto sulla pelle di poveri cristi, si tratta di un balletto indecente tra Stati nazionali che stanno ammazzando il sogno europeo e come in un mondo al contrario alla fine scaricano le colpe sulle organizzazioni non governative che invece stanno lì a salvare le vite e che avranno sempre e comunque la nostra solidarietà. Noi ci siamo e ci saremo sempre a difesa dei diritti fondamentali dell’uomo. Ma facciamo politica e dobbiamo dirci una verità, e cioè non possiamo non vedere qual è il gioco di Salvini in questo Paese. Un gioco chiaro e netto. L’ idea è quella di polarizzare l’Italia attorno alla questione dei barconi e dell’immigrazione. L’idea subdola, pericolosissima, è quella di far coincidere la divisione tra sinistra e destra, semplicemente con la divisione tra chi è favorevole ai barconi e chi invece è contro. E’ l’idea di stringere la sinistra nel campo esclusivo di chi difende i migranti e basta e se ne frega degli italiani in modo particolare degli italiani che stanno male. Guardate io sto ponendo un grande tema politico che ci riguarda. Rischiamo di finire in una trappola esattamente dove Salvini ci vuole portare. Salvini sta riuscendo nel suo intento, sta toccando un sentimento profondo, sta legando una questione sociale, che c’è, all’ immigrazione. Allora noi dobbiamo continuare le nostre battaglie, giuste, perché noi non piegheremo mai la testa. Ma dobbiamo essere consapevoli che non basta. Una sinistra nuova in questo Paese deve avere il coraggio di dare una risposta quella paura che c’è, e la risposta o la diamo su questi temi noi, da sinistra, oppure finiremo per essere travolti. Questo è il terreno su cui dobbiamo muoverci con coraggio, con ricerca, rialzando le nostre bandiere, i nostri valori, ma mettendoci dal lato di chi assume questo problema e di chi non si fa schiacciare in un gioco di ruoli per metterci in un angolo.
Il primo modo per fare questo è riaffermare la centralità della questione sociale. Perché per non far legare l’immigrazione alla questione sociale devi risolvere quest’ultima. E quindi il lavoro, gli investimenti, come unica strada per riconquistare il nostro spazio. Durante l’approvazione della legge di bilancio ci abbiamo provato, con tutte le difficoltà del caso, a presentare il pacchetto di proposte che avevamo costruito. Proposte che andavano nella direzione giusta: c’ erano le questioni fondamentali per far ripartire il nostro Paese, l’idea della crescita e dell’uguaglianza; c’era l’idea di un fisco progressivo. Federico Fornaro, il nostro capogruppo, aveva presentato un emendamento, e dobbiamo chiamarlo col suo nome difendendolo, che introduceva una forma di patrimoniale. C’è un pezzetto piccolo di società che in questi anni si è arricchito, è stato sempre meglio, e la stragrande maggioranza che non ce la fa più. E allora l’idea era semplice e banale: per alcuni anni, in modo straordinario, si introduce una tassa dello 0,8 per cento a chi ha patrimoni sopra 3 milioni di Euro. E’ un’idea di equità. La sinistra o è questo o non esiste. Dobbiamo avere il coraggio di difendere questo approccio anche in televisione, dove è chiaro che tutti vadano a dire: “basta tasse”. Ma noi, la sinistra, dobbiamo dire un’altra cosa. Primo, le tasse devono pagarle tutti, secondo si rispetta la Costituzione, che parla di progressività. Un principio elementare secondo cui chi ha di più paga di più chi ha di meno paga di meno. Abbiamo proposto un grande piano verde che chiaramente è stato bocciato, come il resto. Abbiamo provato a mettere risorse su quelli che consideriamo i pilastri fondamentali per la redistribuzione della ricchezza e per la creazione di una società più equa e più giusta. La scuola all’università, la formazione da una parte e dall’ altra parte su sanità, welfare, cioè l’idea di una società in cui non conta quanti soldi hai, non conta di chi sei figlio, ma conta il fatto che sei una persona e hai diritto a curarti e a formarti. E questa è la più grande leva della redistribuzione. Queste proposte c’erano, abbiamo fatto un po’ di campagna e abbiamo fatto una battaglia parlamentare. Ma alla fine la verità è che tutte queste proposte sono state bocciate. E io penso che per questo il giudizio nostro sulla manovra economica sia un giudizio molto negativo. Vedremo nelle prossime ore, e nei prossimi giorni, nelle prossime settimane l’effetto dei provvedimenti principali fatti da questo governo. Alla fine è rimasta un’idea di fondo nella manovra del governo, e cioè l’idea che tutto sia stato fatto, anche reddito di cittadinanza e quota cento, con l’ idea di fondo di rispondere a promesse e strategie elettorali e non di far ripartire questo Paese. Nel merito si è detto tanto. E’ chiaro che chi riceverà un beneficio personale, si tratti di una persona che va un po’ prima in pensione o si tratti di una persona in difficoltà che riceve un’indennità per alcuni mesi. E’ chiaro che chi riceve questo beneficio avrà comunque un segnale che gli arriva dallo Stato, ed è per questo che sin dall’ inizio ho detto guai a banalizzare guai a ridicolizzare. L’ha detta bene Arturo, non è la risposta che serve ma per chi veramente non ce la fa comunque è l’idea di una risposta. Non si risolve il nodo di fondo, perché se il Paese non riparte questa rischia di restare solo assistenza.
Se non si rimette al centro il lavoro non ce la si fa e noi vedremo in Parlamento proveremo a migliorarli questi provvedimenti ci confronteremo per l’ interesse del nostro Paese però è evidente che ci sono contraddizioni enormi, ci sono sul reddito e ce ne sono anche di molto pericolose contraddittorie su quota cento. Le persone che hanno ricevuto il beneficio lo riconoscono come un fatto positivo e però per esempio io dico a questo governo ma come pensi di tenere insieme il fatto che la gran parte delle persone che sta arrivando a quota cento e aderendo a quota cento sono dipendenti del pubblico impiego c’è una percentuale molto alta rispetto alla percentuale dei lavoratori e nello stesso tempo in manovra di bilancio hai messo lo stop alle nuove assunzioni. Che cosa significa come si traduce questa cosa, sarà uno Stato ancora più debole ancora più fragile; significherà ospedali più deboli, significherà scuole più in difficoltà e io credo che noi abbiamo questo terreno su cui muoverci e io penso che su tutto questo dovremo dare battaglia dovremmo farlo su queste materie, sulle vicende economiche, prima di tutto. E dovremo farlo anche con coraggio sulla autonomia differenziata anche qui dico con nettezza come la penso partecipato un po’ a tutti i forum e devo dire che modo particolare quello sull’ autonomia differenziata avuto anche contributi esterni di grande qualità da Luca Bianchi al professor Villone insomma è stato un dibattito davvero positivo io un giudizio molto netto io penso che questo progetto può spaccare definitivamente l’ Italia e certo che il Sud pagherebbe il prezzo più grande e però guai lo dico io guai a interpretare questa battaglia come una questione in cui si scontrano territori sarebbe un errore io penso che con regole chiare senza regole chiare e il sistema paese che non regge. Queste operazioni si stanno facendo senza una linearità, c’è una confusione senza precedenti, una contraddizione, una gestione a fisarmonica di una vicenda delicatissima che tocca le questioni fondamentali dell’unità del nostro Paese. E allora io vorrei che oggi emergesse un messaggio forte e netto, senza infingimenti e senza distinguo, un messaggio al Governo: se questo è il Progetto fermatevi subito. Fermatevi subito perché rischiate di spaccare il nostro Paese.
E si faccia subito una discussione vera in Parlamento, senza trattarlo come un passacarte, si stabiliscano subito i livelli essenziali delle prestazioni e poi si proceda in questa discussione, noi non abbiamo paura, ma in modo armonico e ordinato nel rispetto dei principi di eguaglianza e di unità nazionale. e qui voglio fare una valutazione politica io credo che noi la nostra comunità debba mettersi alla testa di questa battaglia dobbiamo farlo con coraggio io chiedo a questa comunità di mettersi alla testa di questa battaglia e di farlo per due ragioni di fondo: una di merito e non voglio aggiungere altro su cui sono arrivato e c’è poi c’è una ragione politica enorme che vedo e che vorrei provare a condividere con voi qui oggi. Penso che siamo gli unici che possiamo fare fino in fondo questa battaglia. Non la fa il Pd, che come vedete su questo terreno ha una posizione ambigua, a tratti sembra quasi occhieggiare a un asse con la lega su questa materia. Naturalmente sono in imbarazzo, in difficoltà, i Cinquestelle che in questa vicenda si giocano un altro pezzo della loro credibilità. E noi dobbiamo infilarci incunearci in queste contraddizioni. Lo abbiamo detto in tante occasioni. C’è stato un errore storico che l’Italia pagherà a caro prezzo. Dopo il quattro di marzo l’errore è stato di aver favorito la saldatura tra lega e Cinquestelle. Un errore storico straordinario. Ed è evidente che col passare dei mesi i Cinquestelle non solo sono fortemente mangiati dalla Lega ma sono anche sempre più compromessi. Ora vedremo nelle prossime ore che cosa faranno sul caso Diciotti, vedremo questo voto su cui ho le stesse perplessità di Giovanni Legnini sul piano costituzionale ma vedremo dove porterà. E una cosa è certa però: l’ uno vale uno non c’è più. Hanno fatto mesi e mesi e mesi di propaganda dicendo che non importava se eri ministro o un parlamentare o è di un cittadino qualunque dovevi essere comunque sempre giudicato. E ora uno vale uno vale o non vale più? O c’è la ragione di Stato di fronte al vero capo di questo governo e io penso che i cinque stelle che si trovano a un bivio su questa vicenda della Diciotti si troveranno a un bivio anche sulla questione dell’autonomia differenziata. Perché è un tema delicato che divide chiaramente il Paese e allora noi che facciamo? Vorrei interpretare il ‘noi’ in modo più largo possibile se ce ne fosse l’opportunità.
Penso che noi dobbiamo ricominciare a fare politica senza impulsi autoreferenziali e ricominciare a fare politica significa sfidarli, provare a scongelare quello che manca e allora sul piano più politico fuori dal merito questo tema dell’autonomia differenziata ci offre un’opportunità anche da questo punto di vista: noi vogliamo favorire ancora quella saldatura o vogliamo provare a spaccarla? Io sono per provare fino in fondo a spaccarla. Dobbiamo provarci con difficoltà ma è la democrazia italiana che sarebbe più aperta e più libera. E allora il messaggio di oggi è che noi non ci arrendiamo a questo assetto dell’ Italia, non ci arrendiamo all’ egemonia della nuova destra che avanza in Italia. Il messaggio di fondo, alla fine di questo percorso che stiamo facendo e che ci porterà all’ Assemblea del 6 e del 7 di aprile, è che noi vogliamo costruire un’alternativa e questa si costruisce solo se si superano e si scompongono i blocchi esistenti. Un’ alternativa si costruisce solo se si riconosce fino in fondo che quello che oggi c’è non basta e che serve costruire altro. E io penso che noi siamo questo, noi siamo naturalmente dentro questa vocazione e le prossime elezioni europee sono un passaggio decisivo, delicato. E anche qui voglio dire con chiarezza come la penso perché questa materia sarà materia vera della discussione delle prossime settimane e anche del percorso che ci accompagnerà ad aprile dove dovremo scegliere definitivamente. Penso che queste elezioni europee possano essere un passaggio che ci aiuta in quella direzione che provavo ad indicare. Però servono alcune premesse fondamentali, per me irrinunciabili, e vorrei che le condividessimo.
Prima premessa, sul futuro dell’ Unione europea: noi non siamo quelli dello status quo. Se l’ Europa non cambia muore. E questa cosa deve dirla la sinistra. Questa è la prima premessa fondamentale. Penso che ci sia bisogno di un cambio radicale che riguarda almeno due aspetti essenziali: uno, le politiche economiche dobbiamo dire che la stagione dell’austerità è definitivamente chiusa e che ha prodotto macelleria sociale e ha prodotto un avanzamento politico della peggiore destra. Due, penso che ci sia un tema enorme e riguarda la democratizzazione dei processi decisionali europei. Guardate c’è un sentimento legittimo di donne e uomini che dicono ma noi vogliamo decidere, vogliamo contare. Forse c’è un uso improprio di questa parola ‘sovranità’, nell’ impostazione della destra la usano per nascondere nazionalismo. Ma la sovranità in sé che significa? Significa: ‘voglio decidere’. Penso che questa Europa oltre a cambiare radicalmente la linea di politica economica deve dare ai cittadini il modo decidere di più. E guardate, anche qui, non so quanto se ne sia parlato nella discussione del Forum Europa che ho seguito un po’ meno ma c’è una proposta che io ritengo interessante. Ci sono stati tanti contributi nostri, quello di Vincenzo Visco in modo particolare, dei nostri parlamentari europei Antonio Panzeri che ha svolto un lavoro straordinario con Massimo Paolucci e con Flavio Zanonato. Però io penso che il manifesto di Thomas Picketty, che avrà sicuramente dei limiti e sicuramente non è perfetto, ha il coraggio di disegnare una nuova idea di europeismo. Perché io sono europeista ma dico che l’ Europa così com’ è non va. Pone due questioni di fondo: cambio delle politiche economiche e democratizzazione dei processi. Credo che quel documento vada nella direzione giusta e rispetto alle scelte che faremo non può essere indifferente questa parte e quindi questa per me è la prima premessa: l’ idea di un europeismo democratico e socialista. Seconda premessa, dobbiamo dirci la verità: tra la nostra gente convivono due sentimenti e sembrano difficili da tenere insieme ma entrambi ci sono e non possiamo far finta di non vedere. Si chiamano unità e cambiamento. Guardate, provo ad essere più chiaro possibile su questo passaggio: io sono stato come tanti di voi alla manifestazione del nove di febbraio. Giro poi come una trottola per l’ Italia. Credetemi, mi fermano in tanti e mi dicono “Roberto, c’è Salvini le vedi le porcherie che stanno facendo, trovate il modo di stare insieme”. Questa domanda di unità esiste, far finta di non vederla sarebbe ottuso. Però c’è al tempo stesso un’altra domanda che io penso sia altrettanto forte, altrettanto legittima, ed è una domanda di cambiamento radicale rispetto al passato. E cioè la gente ci dice: “ma avete capito gli errori che avete fatto in questi anni o no?” E allora io penso che la premessa sia questa: si può giocare una sfida unitaria, io non sono per sottrarmi, ma la premessa deve essere il cambiamento. E lo dico qui, con nettezza: immaginare unità senza cambiamento significa solo unire gruppi dirigenti sconfitti, e non porta lontano. Non serve al Paese. Ed è per questo motivo, per questa ragione di fondo, che faccio la terza premessa. Non mi convincono alcuni appelli unitari che hanno un non detto, secondo me distorsivo del dibattito in corso. E cioè che alla fine non esiste più differenza tra destra e sinistra. In alcuni appelli unitari c’è un sentimento di fondo che per cui non esiste più la differenza tra destra e sinistra, e che ormai il mondo ha un altro bipolarismo: da un lato gli europeisti, liberali, sistemici e dall’altro lato i sovranisti, illiberali, barbari antisistemici. Credo che questa sia una lettura sbagliata e lo dobbiamo dire con nettezza, con chiarezza. Noi dobbiamo avere il coraggio di lanciare una sfida, il coraggio di dire come la pensiamo fino in fondo. Mi sono stancato di essere interrogato su cosa penso delle liste unitarie che propongono gli altri, la proponiamo noi una lista unitaria. Una lista unitaria che dovrebbe essere socialista, ecologista, del lavoro, del cambiamento. Una lista unitaria così servirebbe all’ Italia. Basta commentare le proposte degli altri. Facciamola noi una grande proposta di lista unitaria nuova con queste caratteristiche. Sfidante nei confronti di tutti e qui vengo a un altro punto di fondo.
Tutto questo lo puoi fare se hai un’ identità se hai una forza, se hai un pensiero se esisti, hai idee valide con le quali confrontarti non devi avere paura di parlare con nessuno. E allora io penso che noi questo processo lo stiamo facendo esattamente per darci un’ identità forte e per lanciare questa sfida e allora io penso che sulla base di questa discussione e sulla base di queste indicazioni noi abbiamo bisogno di aprire un confronto immediato, in realtà in parte già lo stiamo facendo, con tutte le altre forze politiche del campo democratico e progressista. Lo dobbiamo fare per le europee ma, permettetemi di dirlo, dobbiamo farlo con la stessa forza e con lo stesso coraggio anche per le amministrative, che per quanto mi riguarda non sono meno importanti, perché quando si vota in quattromila comuni si cambia la pelle reale del paese. Non possiamo immaginare che questo è il passaggio in cui diamo quattromila sindaci a Salvini e Di Maio. Quindi io credo che noi dobbiamo costruire, in queste ore, un’ offensiva politica sulla base del nostro punto di vista e provare a parlare con tutti, con serenità, e lo facciamo con più forza se abbiamo un’ identità riconoscibile come si è visto in questi due giorni. Io sono per confrontarci sicuramente anche col Partito Democratico quando avrà finito questo percorso chiaramente con un auspicio. Non sappiamo chi vincerà, è una questione loro interna. Ma l’ auspicio qual è? Molto semplicemente è che il nuovo segretario comprenda che un ciclo storico si è concluso e una stagione, per come l’ abbiamo conosciuta in questi anni, è definitivamente esaurita. Sto dicendo che serve qualcosa di nuovo. Io mi auguro che il nuovo segretario del Pd capisca che serve qualcosa di nuovo e d’altronde le elezioni in Abruzzo c’hanno detto esattamente questo. Anche qui permettetemi solo per un istante, vedo alcuni compagni amici dell’ Abruzzo. Abbiamo ringraziato fortemente Giovanni Legnini per il lavoro fatto però voglio dare un abbraccio in modo particolare ai nostri che in una situazione complicatahanno fatto un lavoro incredibile. Quel voto in Abruzzo che cosa dice? Esattamente quello che noi stiamo provando ad indicare come strada, e cioè che quello che c’è non basta.
Serve qualcosa di nuovo e va costruito insieme, dentro questo campo. E quindi, parleremo con il nuovo segretario del Pd, così come vedete stiamo parlando con altri soggetti, altre realtà. Realtà che ci cercano forse oggi più di ieri. C’è stato, infatti, un intervento importante qui del coordinatore di “Italia bene comune”. Loro stanno costruendo un’ ipotesi di una lista ecologista che quindi naturalmente per noi rappresenta un pezzo dell’ interlocuzione. Ci stanno cercando altri mondi di area progressista e socialista. Io penso che con un’identità forte noi dobbiamo lanciare una sfida a tutti e dire cosa serve al Paese, cosa serve all’ Italia per ripartire. E il nostro obiettivo è chiaro: noi dobbiamo alzare le nostre bandiere, ricostruire una sinistra degna di questo nome, provando a dire no a quella deriva neoliberista che c’è stata negli ultimi anni e dicendo no con nettezza anche un’altra ipotesi che avanza; e cioè l’idea che tutto si possa ridurre ad un ennesimo cartello della sinistra antagonista. Anche su questo io credo che noi abbiamo un opinione e un’idea chiara: siamo nati per cambiare l’ Italia non per fare testimonianza! Allora io dico avanti con questo lavoro, decideremo insieme alla fine di questo percorso quale sarà la strada migliore e vedremo anche le reazioni a questa nostra proposta politica che oggi mettiamo in campo. Ci confronteremo con tutti, apertamente, con la nostra autonomia e l’ orgoglio della nostra storia, senza subalternità con nessuno, ma anche senza pretese di autosufficienza. E siamo consapevoli che proprio questa identità la stiamo valorizzando con il lavoro di questi giorni, di queste ore, ed è un’ identità che dobbiamo ancora più rafforzare da qui ad aprile. Il lavoro dei forum è stato straordinario. Certo alcune materie potevano essere ancora approfondite, penso ad una materia che mi è stata sollecitata dai compagni della Sicilia: la questione della lotta contro le mafie! Io credo che la sinistra sia lotta contro le mafie. E’ un grande tema su cui riaprire una discussione. Però questi forum sono uno strumento utile che dobbiamo provare a valorizzare e faremo ancora questa discussione nelle prossime settimane con l’ obiettivo di fondo di dare un alternativa a questo Paese. Questa due giorni è stata credo importante e ci dà il segnale che la sfida che abbiamo in testa può essere vinta. Grazie e buon lavoro