Referendum: “Io voto Sì”

Intervista a il Manifesto, di Daniela Preziosi.

«Al referendum delle trivelle vado a votare e voto sì. È una scelta personale, ma nella sinistra Pd siamo tutti per partecipare al voto. Ciascuno voterà secondo la sua sensibilità, ma il grosso di quelli che mi sono vicini voteranno sì. Anzi, lo dico: secondo me il sì è maggioritario fra gli iscritti al Pd». Archiviati i tempi di «Bob Hope», il soprannome che gli aveva dato Renzi quando era capogruppo Pd alla camera, Roberto Speranza oggi è il capofila dell’area riformista, già bersaniana, e con ogni probabilità sfiderà Renzi al congresso del 2017. Ma per questo c’è tempo.
Voterà sì al referendum sulle trivelle. Che però nasce contro lo Sblocca Italia, una legge che lei votato.
Non è così. Il quesito si basa sul codice ambientale del 2006. Lo Sblocca Italia è stato un provvedimento complicato, migliorato dal passaggio alla Camera in direzione di una maggiore tutela ambientale. Non è un caso che nel passaggio alla camera, in commissione ambiente, saltò il famoso emendamento su Tempa Rossa. Ero capogruppo, è una vicenda che ho seguito con attenzione. Voto sì al referendum perché il dibattito di queste settimane può indicare una traiettoria di sviluppo in linea con la Conferenza di Parigi: ’meno fossile e più energia rinnovabile’.
Renzi obietterebbe: l’Italia è già leader in Europa per l’energia rinnovabile prodotta.
Vuol dire che il voto ci aiuterà a fare ancora meglio. Renzi sbaglia a portare il Pd all’astensione. Anche perché il referendum è stato in larga parte promosso da consigli regionali guidati dal Pd. Il più grande partito di un paese non può dire ’andate al mare’.
Lo disse Craxi nel ’91. Peraltro fu un boomerang. Renzi le ricorda Craxi?
Le cose che ha detto sul referendum ricordano pagine dalla nostra storia che ci siamo messi alle spalle.
Torniamo all’emendamento ’Tempa rossa’. Nello Sblocca Italia l’avete cancellato. Perché due mesi dopo l’avete votato nella legge di stabilità?
Perché su quella legge è stata messa la fiducia che non consente di discutere i singoli emendamenti.
Ma non avete fatto neanche una protesta. Non ve ne eravate accorti?
Lo scontro era concentrato sulle grandi scelte economiche e le questioni fiscali.
Alcuni suoi colleghi del Pd le contestano di essersi battuto sulle royalties per la sua regione ma non contro Tempa rossa.
Nello Sblocca Italia mi sono battuto per portare il 30 per cento dell’Ires sulle nuove estrazioni alla Basilicata. E grazie alla Commissione Ambiente l’emendamento su Tempa Rossa è stato sventato. È stato il governo poi a rimetterlo nell Stabilità.
Renzi ha sfidato la procura della sua città, Potenza. Che, va detto, non sempre ha portato a sentenza i processi. È d’accordo con lui?
Di tutto abbiamo bisogno oggi tranne che di un nuovo scontro fra magistratura e politica. Ciascuno deve fare il proprio mestiere. E rispettare quello degli altri. La cosa che mi spaventa di più è l’inchiesta sull’Eni è l’ipotesi che l’Eni abbia trattato come acqua le sostanze inquinanti. Se i magistrati lo dimostreranno sarebbe gravissimo. E sarebbe un lavoro assolutamente positivo per la nostra comunità.
C’è un’ex sindaca del Pd, Rosaria Vicino , ai domiciliari. Per i pm chiedeva assunzioni in cambio di provvedimenti a favore di Total.
Le compagnie petrolifere hanno un potere enorme economico. È chiaro che il rapporto con loro dev’essere mantenuto dal governo. Un comune di 2mila abitanti non ha il fisico per un rapporto così. Neanche una regione. Non è una discussione alla pari.
La ministra Guidi con le compagnie petrolifere ci parlava, per interposto fidanzato però.
E questo fa incazzare. Era il governo a dover difendere il territorio lucano. Che non l’abbia fatto è gravissimo, mina la fiducia dei cittadini verso le istituzioni. Renzi non metta la testa sotto la sabbia. Non può dire che quella della Guidi al compagno è stata «una telefonata inopportuna». Gli interessi privati nel governo sono inaccettabili. Tanto più se si scoprirà che una compagnia inquinava in barba alle leggi.
Ma scusi, nominare ministra Federica Guidi, un’imprenditrice di un’azienda che fra l’altro è fornitore di Poste ed Enel, non esponeva comunque il governo a potenziali conflitti di interesse?
Senta, neanche Renzi sapeva degli affari del compagno della Guidi. Noi men che meno. Io non credo che un imprenditore non possa fare il ministro. Ma dobbiamo essere rigorosi, fare norme più stringenti.
In direzione lei ha detto a Renzi che «non ha saputo fare del Pd una comunità» e che nel suo ruolo di segretario «è del tutto insufficiente». Quale sarà la conseguenza di parole così dure?
La conseguenza è la costruzione di un’alternativa a Renzi nel Pd. Il Pd è il grande partito della sinistra italiana, considerato da tanti la speranza politica di questo paese. Renzi lo sta portando su un’altra strada. Ma la direzione di lunedì ha testimoniato che c’è un altro punto di vista, un’altra idea del Pd.
Voterete no anche al referendum costituzionale?
Un referendum alla volta. Intanto pensiamo a vincere quello delle trivelle, mancano solo dieci giorni.
Renzi di voi dice che non siete correnti ma solo «spifferi». Che effetto le fa?
È un atteggiamento sprezzante che non dovrebbe avere cittadinanza in un partito democratico.
La minoranza Pd perde pezzi più che acquistarne. Non rischiate il tonfo al congresso?
Nei territori fra i nostri militanti c’è una richiesta straordinaria di un Pd diverso. Ed è in crescita. I pezzi che abbiamo perso sono solo in parlamento: è vero, lì c’è stata una gran quantità di trasformismi.