Referendum: “La nostra scelta sarà un No se Renzi non cambia la legge elettorale”.

Pubblicata su la Repubblica, di Tommaso Ciriaco.
“Se stasera entrassi in una macchina del tempo e ne uscissi il giorno in cui si vota al referendum – e se tutto fosse ancora come oggi – non sarei in condizione di votare Sì. E lo sa perché? Considero l’Italicum e la riforma costituzionale inscindibili, un’unica grande revisione dell’architettura istituzionale. Per questo, senza una vera svolta sulla legge elettorale, il giudizio complessivo finirebbe per essere negativo. E quindi non potrei votare sì”. Ecco il rilancio della sinistra del Pd, affidato a Roberto Speranza. La sfida a Matteo Renzi, a dire il vero, va oltre il voto sulla costituzione. “E’ passato un mese e mezzo dalla grave sconfitta del Pd ai ballottaggi. Da allora nulla è cambiato. Ho chiesto una svolta sul piano delle politiche sociali, ma niente. Ecco, così andiamo a sbattere”.

Avete votato la riforma, come giustifichereste il No?
“Il problema, le ripeto, è l’equilibrio complessivo del sistema. Per questo la legge elettorale va modificata. Il nostro Mattarellum 2.0 evita un Parlamento di nominati e limita il premio di maggioranza. Purtroppo, al di là di qualche mossa tattica sui tempi, non c’è stata alcuna vera risposta.

Vi basterebbe l’impegno di Renzi a cambiare l’Italicum prima del Referendum?
“Io chiedo una iniziativa politica parlamentare”.

Ma ci sono i tempi per farlo prima del referendum?
“Sì. Il problema è che non bastano ammiccamenti o segnali di fumo, è l’ora delle risposte politiche. Ricordo pure che manca una legge elettorale per il Senato che recepisca l’impegno assunto con noi da Renzi”.

Davvero pensa che il premier possa cambiare ora l’Italicum? I grillini griderebbero al colpo di mano, e a quel punto vincere il referendum diventerebbe un’impresa.
“Per non votare la fiducia sull’Italicum mi sono dimesso a 35 anni da capogruppo di 300 deputati. Sembravo un pazzo, ero solo coerente. Oggi vedo un clima nuovo. Prima di tutti Napolitano, poi anche Veltroni, Orfini, Franceschini: in molti chiedono modifiche. L’Italicum non mi convinceva allora e non mi convince neanche oggi. E lo penso non perché i grillini hanno vinto 19 ballottaggi su 20, ma perché distorce la rappresentanza e non fa scegliere ai cittadini gli eletti”.

Se non passa il referendum, Renzi si dimette. E dopo non teme il burrone.
“In una prima fase ha personalizzato molto il referendum, mentre adesso fa bene ad essere più prudente. La scelta d’autunno non sarà sul governo o sul partito ma sulla Costituzione, e infatti ci dovrà essere libertà di coscienza. In ogni caso, immaginare che dopo Renzi ci sia il burrone è sbagliato. Dopo di lui non c’è il diluvio”.

Vi state organizzando?
“Non è questo. E’ solo che in un grande partito come il nostro, in un Paese democratico, ci sono tante personalità: il premier è la più importante, ma un partito e un paese vanno avanti a prescindere dalle questioni personali. Io lavoro nel Pd per costruire un’alternativa a Renzi. Anche perché non siamo un partito personale e il nostro destino non è legato a un solo individuo. E poi, anche la storia delle amministrative…”

Dica.
“Abbiamo tentato di nascondere la sconfitta. Nessuno che si è assunto le proprie responsabilità, nessuno che si è dimesso”.

Pensa a Orfini a Roma?
“Non voglio fare nomi. Penso alle grandi città come Roma, Torino, Napoli: a me non frega nulla degli organigrammi, ma mi preoccupo quando manca una risposta politica. Anche sulle grandi questioni sociali, la cosa che più mi sta a cuore”.

A cosa si riferisce?
“La ragione di fondo della sconfitta alle comunali sta tutta nella rottura tra il Pd e il paese reale. Colpa di una narrazione di un Paese uscito dalla crisi, mentre i cittadini si sentono pienamente dentro questa crisi. A cosa penso? Alla scuola, dove servirebbe aprire un tavolo con studenti e insegnanti. Alla sanità, per garantire il welfare universale. Alla lotta alla povertà. E agli investimenti per creare lavoro”.