Speranza, “No al plebiscito. Si vota sulla Costituzione”

Intervista a L’Unità, di Natalia Lombardo.

«Il referendum non è un plebiscito Renzi sì, Renzi no, né pro o contro il governo. E lui fa un errore gravissimo a considerarlo così. Se vince il No un governo c’è e può continuare», afferma Roberto Speranza, leader di Sinistra Riformista, area della minoranza Pd.

Lei sta facendo campagna elettorale per il No. Renzi dice alla minoranza che il referendum non è il congresso del Pd. Cosa risponde?
«Vorrei che Renzi capisse che le ragioni del No esistono nel Pd e che un grande partito non deve aver paura di posizioni diverse al suo interno. Io sto andando in giro, ora sono in Toscana, sono stato a Milano e a Modena, domani (oggi,ndr) andrò in Sicilia. Ovunque vedo che c’è una parte dei nostri elettori che vota No, è giusto che sia rappresentata nel Pd attraverso di noi».

Nessuna scissione in vista, quindi?
«Qualunque sia l’esito del referendum non ci sarà alcuna scissione. Noi lavoriamo per unire il Pd e io non considero altre strade. Ora, a prescindere dalla vicende interne, un pezzo del nostro popolo, penso alla Cgil, all’Anpi, all’Arci, Libertà e Giustizia è schierato contro la riforma. Noi dobbiamo garantirgli cittadinanza dentro il Pd. Non critico chi vota Sì ma dare voce a chi vota No aiuta il Pd, non il contrario. Mi preoccupa il fatto che molti si sentano già fuori, non hanno rinnovato la tessera. Dico loro di restare nel Pd e battersi perché non sia un partito di centro o della Nazione».

Renzi ha detto che se vince il No non vuole guidare né appoggiare un “governicchio”, un governo tecnico o di scopo. Lei e la sinistra dem cosa farete?
«Questo non è un plebiscito in cui gli italiani devono decidere: Renzi sì, Renzi no, è un voto sulla Costituzione. È un grave errore sovrapporre le due cose. Per me non è in discussione la vita del governo, Renzi ha sbagliato fin dall’inizio a personalizzare il referendum, ma sbaglia ancora di più a continuare a farlo oggi».

Si, ma se Renzi il 5 sale al Quirinale e si dimette, mettiamo che il presidente Mattarella lo rimandi alle Camere lei cosa farebbe?
«Ho sempre votato la fiducia al governo Renzi, tranne sulla legge elettorale, perché la giudicavo profondamente sbagliata. Non avrei alcun problema a rivotare la fiducia dopo il 5».

Il premier dice: ci ho messo la faccia, le riforme sono il motivo fondante del mio governo, se perdo lascio.
«Ecco, facendo così lui trasforma il voto in un plebiscito, in una prova muscolare su di sé anziché sulla Costituzione. Per me è inaccettabile».

Mettiamo che un Renzi bis non avesse più la maggioranza, lei lo voterebbe un governo tecnico, di cui aveva parlato anche D’Alema?
«È uno scenario che non considero, non vedo pezzi della maggioranza indisponibili a sostenere il governo Renzo. Il segretario va rispettato e farà le sue scelte».

Lei ha deciso di votare No perché contrario al “combinato disposto” tra riforma e Italicum, ma ora il Pd ha deciso di cambiare la legge elettorale. Non crede ai lavori della commissione con Cuperlo?
«Un partito con 400 parlamentari non può cavarsela con un foglietto ambiguo e fumoso, mi suona tanto di “stai sereno”. Quando il Pd ha voluto approvare l’Italicum ha messo la fiducia, cambiato dieci membri in commissione, si è dimesso un capogruppo ma il Pd è andato avanti come un carro armato. E ora, nonostante quel foglietto, l’Italicum resta dov’è».

Tra le persone che incontra chi voterà No lo fa nel merito o per mandare via Renzi?

«Colgo molti argomenti di merito, primo fra tutti il timore di mettere troppo potere nelle mani di uno, un vero e proprio governo del Capo. E ci sono richieste per un Pd più a sinistra, molti dubbi su un Verdini padre costituente…».

Mettiamo che, attraverso Verdini, Alfano torni all’ovile di Berlusconi per dare vita a un governo tecnico.

«Penso che si possa continuare a governare con l’attuale maggioranza. È stato un errore allargare a Verdini perché i numeri ci sono, anche al Senato. L’alleanza con Alfano è indispensabile oggi per tenere in piedi il governo, allargare a Verdini no, perché dà il senso che si stia lavorando a una prospettiva politica. E io a quella non ci sto».