Intervista a il Mattino, di Maria Pirro
Sono 1200 i casi denunciati nel 2019, e quasi tre volte di più sono quelle reali: i medici chiedono che il 2020 sia l’anno della svolta.
«È un fenomeno sempre più diffuso. Per questo, dobbiamo dare una risposta energica».
Sì, ma come?
«Non siamo all’anno zero. Il Senato ha approvato una norma all’unanimità».
Sono diversi, però, i progetti all’attenzione della Camera. Alcuni prevedono la denuncia d’ufficio, altri puntano a un ulteriore inasprimento delle pene con il riconoscimento di pubblico ufficiale peri medici che però potrebbe rivelarsi un boomerang. Qual è la sua opinione?
«Il punto di partenza è il testo approvato dal Senato, ma il dibattito è aperto. Rispetto il lavoro del Parlamento».
Qualsiasi emendamento, però, allunga l’iter.
«Se i tempi dovessero dilatarsi, valuterò l’ipotesi di esercitare i poteri che la Costituzione riconosce al governo».
Pensa a un decreto legge?
«Semi dovessi rendere conto che tutto slitta già nei primi mesi del 2020, ho gli strumenti per intervenire invia di emergenza. Ma è significativo che il Senato abbia votato oltre le bandierine della politica»
Intanto, il manager dell’Asl di Napoli annuncia le telecamere a bordo delle ambulanze. Perché non collegare tutti i sistemi di videosorveglianza con le questure?
«La prima battaglia deve essere di natura culturale, la repressione serve ma non è sufficiente. Se lo Stato non investe e non tutela con forza i propri medici, come può pretendere che lo facciano i cittadini? Dobbiamo essere noi a dare il messaggio giusto».
Qual è allora la sua strategia?
«Rivendico le scelte fatte: con la manovra di bilancio abbiamo chiuso la stagione dei tagli e ripreso a investire, prevedendo due miliardi in più nel fondo sanitario nazionale e altri due in più per l’edilizia e l’ammodernamento hi-tech».
Rendere i pronto soccorso più accoglienti e ridurre i tempi di attesa può aiutare ad abbassare la tensione. Non le sembra?
«Certo, così come è fondamentale ridurre gli accessi impropri al pronto soccorso e, per rafforzare l’assistenza da parte dei medici di famiglia e i pediatri di libera scelta, abbiamo stanziato 235 milioni per l’acquisto della strumentazione per la diagnostica di primo livello, affinché possano fare da filtro».
Resta il divario tra Nord-Sud.
«È aumentato nella stagione del definanziamento. Le regioni più deboli hanno pagato prezzo il prezzo più alto, perché quelle forti hanno usato altri strumenti per sostenere il servizio sanitario. Lo dimostra il superticket, che a Napoli oggi pagano tutti e a Bologna solo chi guadagna più di 100mila euro. Una ingiustizia che viene corretta da questo governo, abolendo dal primo settembre 20201a tassa in tutta Italia».
La Campania non è più commissariati dopo anni. Ora in che cosa consiste l’affiancamento?
«In un monitoraggio più stringente da parte del governo sugli impegni assunti».
Nel bilancio di fine anno, il governatore Vincenzo De Luca ha citato il superamento delle criticità nella sanità come motivo di orgoglio ed è chiara la sua volontà di ricandidarsi: può essere utile per proseguire il lavoro?
«Come ministero, abbiamo espresso un giudizio di natura tecnica non politica. Guai a mettere le due valutazioni sullo stesso piano».
Resta, inoltre, il divario in sanità all’interno della stessa regione, della stessa città e anche degli stessi presidi. Basta citare i medici eroi che hanno salvato la piccola Noemi e le formiche avvistate in corsia.
«Nel patto per la salute, approvato prima di Natale dopo cinque anni di attesa, si disegna un’ipotesi di riforma del commissariamento della sanità: un’arma da usare solo in casi estremi, bisogna immaginare modalità di intervento più puntuali in singoli settori e realtà».
Una priorità è colmare i vuoti di personale sanitario in organico.
«E un’altra conseguenza della stagione di definanziamento. Con questa manovra bilancio, la quota aggiuntiva per le assunzioni è di sei volte aumentata. In più è prevista la stabilizzazione precari, i 30mila al 31dicembre 2019 (dal 2017), la possibilità di attingere alle graduatorie di idonei e, tramite il patto per la salute, prevediamo specializzandi dal terzo anno e per i medici che devono andare in pensione la possibilità di restare eccezionalmente fino ai 70 anni. Occorre un’alleanza generazionale».
Pensa di abolire anche il numero chiuso a Medicina?
«La mia priorità è aumentare le borse di specializzazione».
Gaetano Manfredi, neoministro dell’Università e rettore della Federicoll, è un altro uomo del Sud.
«Stimo molto Manfredi, lavoreremo in grande sintonia».
Qual è il suo augurio per il 2020?
«Avere un sistema sanitario più forte e in grado di rispondere alle domande dei cittadini, investendo ancora, per far rispettare l’articolo 32 della Costituzione».