Intervista al Quotidiano nazionale. di Ettore Maria Colombo.
Roberto Speranza, leader di Sinistra riformista, la minoranza dem, oggi sarà a Modena per partecipare a un’importante iniziativa del No con rappresentanti locali di Cgil, Anpi e Arci.
Speranza, non è ipocrita non chiedere le dimissioni di Renzi se perde il referendum?
«Si vota sull’architettura istituzionale del Paese, non sul Pd o sul governo. E’ Renzi che quando dice “imparate da Sanders” getta la maschera. Sanders, infatti, sosteneva la sua collega Clinton perché negli Usa sì che si votava per il governo di quel Paese. E’ Renzi che ha fatto del referendum un voto plebiscitario, un errore gravissimo. Io la fiducia al governo Renzi l’ho votata e continuerò a farlo, ma non si vota sulla vita del governo. Chiedo e chiederò
un’altra cosa, dal 5 dicembre in poi: una politica di governo più attenta ai problemi sociali e un Pd che non corra dietro a Verdini».
La sinistra Pd vuol cambiare la legge elettorale. Pronti ad accordarvi con Berlusconi?
«Solo la vittoria del No permetterà di cambiare l’Italicum. La legge elettorale è fortemente legata alla riforma istituzionale: solo una Camera farebbe le leggi e solo una Camera darebbe la fiducia. Dal giorno in cui, proprio sull’Italicum, mi dimisi da capogruppo dico e ripeto a Renzi che due punti erano e sono inaccettabili: un Parlamento fatto prevalentemente di nominati; l’idea che una forza del 20%, una minoranza nel Paese si ritrova dominante, con la
maggioranza assoluta, in Parlamento. Non può essere un artifizio elettorale a darti la vittoria. Se vincerà il No bisognerà lavorare a una nuova legge che parta da questi due elementi. Noi una proposta l’abbiamo, il Mattarellum 2.0, ma è giusto che il Pd si confronti con tutti, anche con FI e M5S per cambiare l’Italicum. I foglietti fumosi e ambigui prodotti finora non
servono a nulla».
Se Renzi perde il referendum, chiederete il congresso anticipato? E con chi pensate di allearvi per cambiare l’attuale segretario?
«Prima delle alleanze interne dobbiamo ritrovare la connessione sentimentale con il nostro popolo che chiede un cambio radicale di rotta al Pd, oggi ridotto a un capo che va in tv e a comitati elettorali nei territori. Servono valori, lotta alle diseguaglianze e riscoperta della questione sociale. Io voglio costruire un modello alternativo a Renzi, ma ripartendo dai valori di fondo della sinistra. La nostra gente mi chiede di lavoro, sanità pubblica, trasporti, scuola. Alleanze e scelte dei singoli vengono dopo. In ogni caso, dopo il referendum la stagione congressuale partirà. Il mandato di Renzi,
nel 2017, scade. Si può anticipare il congresso di qualche mese, ma l’arco temporale è quello. Io credo che, proprio dopo aver toccato con mano l’esperienza di Renzi, il segretario debba occuparsi a tempo pieno del partito e il candidato premier debba corrispondere a un altra figura. Mettere insieme le due cose ha fatto pagare un prezzo altissimo al Pd: il partito è diventato più debole e un semplice megafono di palazzo Chigi. Il segretario lo devono scegliere gli iscritti, il candidato
premier gli elettori. Io farò la mia parte, ma una cosa voglio dirla in modo netto: qualsiasi sia l’esito del referendum, il Pd è e resta il nostro partito».