“Urge cambio su lavoro, scuola e povertà”.

Intervista a la Repubblica, di Goffredo De Marchis.
Roma. «Il problema del governo Gentiloni non è quanto dura ma cosa fa. Io penso ci siano lo spazio e il tempo, andando al 2018, per affrontare tre questioni sociali: misure di contrasto alla povertà, scuola e i temi del lavoro. Anche per recuperare lo strappo con gli elettori del Pd». Roberto Speranza, leader della minoranza e candidato alla segreteria del Partito democratico, vede più di uno spiraglio per non precipitare verso le elezioni anticipate. «Certo, c’è anche il tema del nostro congresso previsto nella seconda metà dell’anno. Il pericolo che la scelta del leader si risolva con la “gazebata” di un giorno esiste. Noi invece avremmo bisogno di una discussione vera».

Avete paura del voto?

«Assolutamente no. Infatti il mio ragionamento non è resistere, resistere, resistere. Se il governo fa le cose va avanti, se non le fa si va a votare. Le elezioni prima o poi arrivano».

Sarebbe un errore far cadere un altro governo per mano amica, come avvenne con Letta?

«Quello che posso dire è attenzione a non staccare la spina per la terza volta a un governo del Pd, per mano del Pd. Ma non è solo una questione di opportunità, di immagine. Dipende da quello che fa l’esecutivo».

Che è la fotocopia di quello Renzi.

«In continuità quasi totale».

Allora come fa a correggere la rotta del governo precedente?

«Vedo qualche segnalazione in una direzione nuova. Quando parla di legge elettorale non dice metto la fiducia ma accompagno il Parlamento. In consiglio dei ministri si è aperto un dibattito sulle misure di contrasto alle povertà. La Fedeli dà qualche timidi segnale di discontinuità sulla scuola. L’ansia del voto non aiuta questo lavoro. E secondo me non aiuta neanche il Pd. Che ha bisogno di modificare la sua politica per prosciugare il terreno dei populismi».

Poi c’è il tema della legge elettorale.

«Vediamo la sentenza della Consulta domani. Ma se ne deve occupare il Parlamento mentre il governo segue quei tre filoni di cui parlavmo prima. Per un nuovo sistema di voto ci sono due condizioni essenziali secondo noi: mai più nominati per recuperare rapporto eletto-elettore, giusto equilibrio tra governabilità e rappresentanza. La stagione dell’Italicum è chiusa. Era la legge più maggioritaria del mondo ed era un errore. Senza tornare al proporzionale puro ci sono delle strade di mezzo. Il Mattarellum è un buon punto di partenza».

Avete bisogno di tempo per detronizzare Renzi? Per fare il congresso?

«Fare il congresso prima delle elezioni sarebbe la soluzione più naturale. Non basta la gazebata di un giorno per decidere una linea e un leader. Bisogna discutere dell’avanzata di una nuova forma di destra come quella di Trump, della riunione dei populisti europei a Coblenza. Ma se non c’è tempo, un passaggio partecipativo vero è necessario».

Lei ed Emiliano non vi pesterete i piedi?

«Unire le forze è fondamentale. Per questo ho invitato Rossi ed Emiliano quando mi sono candidato. Per il momento lavoriamo insieme».

L’Ulivo si può ripetere, come dice Prodi?

«È finito il partito arrogante, autoreferenziale dell’uomo solo al comando. Non ha funzionato. Quindi un’alleanza di centrosinistra va trovata. Passa anche dalla divisione di ruoli tra segretario e candidato premier, che abbiamo sempre sostenuto».